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altitudine: 575 m
abitanti: 6.748
Il paese è situato a ridosso della valle del fiume Eleuterio, a 550 metri sul livello del mare, e si estende su una superficie di 33 chilometri quadrati. Il centro abitato è sovrastato da una imponente rupe, la Rocca, detta anche Dente canino della Sicilia o Tomba di Polifemo. Dista dal capoluogo circa trenta chilometri.
Il castello, che rappresenta il maggiore monumento storico del luogo, fu costruito dei marchesi Beccadelli – Bologna, che gestivano direttamente l’attività economica delle loro proprietà. La lapide posta all’ingresso del piano nobile del maniero segna l’anno 1559 come data di edificazione. Dalla torre del castello marinese si gode una vista incantevole: verso ovest è possibile ammirare le incontaminate gole dello Stretto, scavate dalle acque dell’Eleuterio fra i massicci collinari della Montagnola e del pizzo Parrino, mentre a nord è possibile scorgere i segni degli antichi insediamenti edificati un tempo lungo il corso del fiume e oggi immersi in una verde distesa di giardini che si estendono sino al mare.
Il nome di Marineo richiama proprio quest’ultimo elemento. E’ probabile che rievochi il punto da dove i viaggiatori provenienti da Agrigento avvistavano il “nuovo mare”, ovvero il Tirreno. La strada che attraversa il centro abitato è, infatti, fra le più antiche della Sicilia e fu costruita dai romani nella seconda metà del III secolo a.C, durante la prima guerra punica.
Negli ultimi anni si è cercato di rilanciare il settore turistico, sfruttando le grandi potenzialità del territorio. Marineo ha un’importante area archeologica in contrada Montagnola, dove periodicamente si effettuano campagne di scavi. Molti dei reperti rinvenuti sono conservati nel museo civico.
Tra questi, un prezioso cratere siceliota del IV secolo a.C; una scodella arcaica e un intero corredo tombale della stessa epoca, ed inoltre brocche e anfore greche, reperti del periodo romano, bacini arabo-normanni e lucerne invetriate medievali .
Nella Matrice, nel santuario della Madonna della Dajna e all’interno delle altre dieci chiese del paese sono custodite numerose altre opere d’arte. Fra queste, il mosaico di San Ciro in maiolica policroma del XVIII secolo, attribuito alla scuola Palermitana, una preziosa acquasantiera di marmo bianco del XIV secolo, e il quadro della Madonna della Tenerezza del XVII.
Oggi il Comune vive prevalentemente di agricoltura e artigianato. La lavorazione del ferro e del legno costituiscono la fonte principale anche per l’industria di manufatti e attrezzi agricoli tradizionali. Non è trascurata inoltre la commercializzazione dei prodotti della campagna, soprattutto quella dell’olio e del vino. Dalla coltivazione dei vigneti con metodo biologico nascono anche i tre vini prodotti, imbottigliati e commercializzati in Italia e all’estero dall’azienda agricola Buceci. Particolarmente ricercati sono il pane di casa, la salsiccia di suino e i dolci tipici con crema di ricotta prodotti dalle pasticcerie locali. Le aziende agricole sono in gran parte a conduzione familiare. Inoltre, un numero considerevole di braccianti sono impiegati stagionalmente in lavori di rimboschimento e prevenzione di incendi nel bosco di Ficuzza, che continua ad essere fonte di reddito di primaria importanza.
Va ricordato, infatti, che un’intera area del bosco, quella del Cappelliere, dista pochi chilometri dal centro abitato. In un’oasi di circa diecimila metri quadrati di foresta, sorge la base scout della Massariotta, dove annualmente migliaia di giovani provenienti dall’Italia e dall’estero partecipano alle iniziative organizzate dall’Agesci. Dal centro scout partono interessanti sentieri per la scoperta del bosco. Numerose sono le masserie, di rilievo quelle di Acqua del’Pioppo e del Parco Vecchio con all’interno un affresco del XV secolo.