I teatri a Palermo, nell’ottocento – (1809-1811).

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“A Palermo ci sono due teatri d’opera, uno dei quali, il San Carolina, non apre che poco prima di Carnevale. Durante il mio soggiorno, in entrambi i teatri la Prima donna era al di sopra della mediocrità e l’opera, in complesso, un passatempo gradevole; comunque, per coloro i quali sono abituati ad un teatro inglese con i migliori cantanti d’Europa, questo non sembrerà gran cosa.
Mi vien detto che in passato gli artisti erano ottimi, ma l’attuale situazione del  continente impedisce ai migliori cantanti di venire
La Conversazione si tiene al Teatro San Carolina. E’ un circolo aperto ogni sera, sostenuto dai contributi della nobiltà. Vi sono ammessi tutti i forestieri che sia presentati dal nobile che presiede per la settimana. E’ formato da cinque stanze, una delle quali è l’ingresso, sfarzosamente illuminate e con tavoli da gioco a disposizione di piccoli gruppi.
Se si vogliono carte e luce, queste si pagano al cameriere e lo stesso vale per i rinfreschi; a parte questo, non viene richiesto altro”.
“In inverno la conversazione si tiene sempre qui. In estate si erige una costruzione temporanea sulla Marina, immediatamente dopo Porta Felice, formata da tre o quattro stanze fatte di tavole e teloni dipinti con gran gusto e precisione; le regole sono le stesse della sede invernale. In entrambe le sedi, una volta al mese, o una volta ogni quindici giorni, si danno balli.
  Il più grande dei due teatri d’opera palermitani è costruito a forma di semicerchio; vi sono regole diverse dalle nostre.
Le donne non hanno accesso in platea;  non c’è loggione e tutto lo spazio è occupato da palchi. Il prezzo d’ingresso in platea è assai basso; non supera i 4 tarì o 20 pence, più un tarì per un cuscino. Ogni spettatore ha per sé una sedia a  braccioli, e così il pubblico non è pigiato e se qualcuno prende il posto di un altro, deve restituirlo. Il prezzo di un palco va da quattro a otto dollari, le sistemazioni migliori sono nei palchi privati. Lo scenario e gli addobbi non sono eccezionali e i costumi, tranne quelli dei protagonisti non dicono niente.
Il Teatro S. Carolina, sebbene più piccolo, secondo me è costruito secondo un disegno assai migliore; è a forma di ferro di cavallo, di gran lunga la più adatta per ascoltare e per vedere, ed è dipinto in bellissimo stile. Il prezzo d’ingresso, i costumi e gli scenari sono allo stesso livello dell’altro.
I teatri sono tutti illuminati nelle serate di gala. Le altre volte ognuno deve provvedere alla luce per il suo palco e questo guasta molto l’effetto generale. Ci sono due o tre case a Palermo, nelle quali si riceve tutte le sere. Dal principe Butiro la tavola è sempre preparata per quaranta persone; lo stesso dal principe di Paternò. Il Butera è uno dei primi nobili del paese per rango, potere e ricchezza; ho già detto che è molto ben visto; si suppone che le sue entrate ammontino a 60.000 sterline l’anno, una immensa fortuna in Sicilia. Tuttavia è pieno di debiti; non ne conosco del tutto i motivi, ma credo che avesse un debito con il governo napoletano e così quando la famiglia reale fu costretta a lasciare Napoli, il debito divenne personale nei confronti del Re. Non potrei giurare sulla verità di quanto ho detto; lo riferisco come mi è stato raccontato.
Il principe vive con magnificenza in un grandioso palazzo antistante la Marina; è munifico, ospitale, generoso ed usa particolari riguardi verso tutti gli inglesi. Si è sposato due volte; la sua attuale moglie è una donna molto bella. La sua figlia di primo letto è la principessa Leonforte: si dice che fosse così  bella che persone venivano da ogni parte per vederla; a giudicare dal suo aspetto attuale, posso bene immaginarlo. E’ vedova da qualche tempo; sua figlia ha sposato il duca di Chiamastro”.