Giardini islamici in Sicilia

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Nel periodo della dominazione islamica in Sicilia si riscoprono piante dimenticate o sottoutilizzate e ne arrivano di sconosciute, evidenziando così nell’accresciuta biodiversità un altro degli aspetti distintivi della nuova agricoltura. Arrivano negli orti e nei frutteti, provengono dalle regioni sottomesse al dominio arabo o da più lontano con acqua a disposizione anche dove il clima è arido producono con abbondanza, permettono un uso più intensivo del suolo e una nuova stagione di maturazione quella estiva, prima ostacolata dalla lunga siccità mediterranea.

Tra le specie è citata, per la prima volta, la canna da zucchero (qasab farisi, canna di Persia). A Palermo cresceva anche il papiro, la cui produzione era tenuta in grande considerazione per la qualità:”il solo che può rivaleggiare con quello egiziano”, scrive Ibn Hawqal.

Nella sua descrizione, lungo i corsi d’acqua che lambivano la città si trovavano, anche, piantagioni di cucurbitacee. Molto diffuse erano le cipolle e coltivate con molta cura visto che i siciliani, scrive nel XII secolo l’agronomo di Siviglia Ibn al Awwam, hanno messo a punto un metodo colturale esemplare della grande capacità di valorizzare l’acqua per l’irrigazione, tanto da essere portato a modello (“esso è buono”) per Al-Andalus.

Negli orti erano presenti seppure non menzionate, anche nuove specie: gli spinaci, i carciofi e le melanzane.

Anche il sesamo era molto diffuso secondo quanto indica l’etimo dialettale di origine araba. Nei mercati della città non mancavano spezie, piante medicinali, piante coloranti come l’indaco (azzurro), il cartamo (giallo), l’hennè (rosso – bruno), il guado (blu). Diffuso erano l’olivo, seppure l’appellativo saraceno con cui gli alberi più vecchi vengono oggi definiti è una indicazione solo di una generica età plurisecolare. Non poteva mancare la palma da dattero, la cui presenza è antecedente ma una maggiore diffusione in epoca araba appare più che probabile, nonostante l’estrema difficoltà a maturare i datteri.

Tra le piante da frutto, erano certamente presenti, contemporaneamente alle indispensabili nuove tecniche irrigue: l’arancio amaro, il limone , la limoncella (lumia),forse il pummelo. Arrivano in Sicilia – dopo un viaggio che dall’India, attraverso Oman e Iraq, si conclude nel Mediterraneo, in Palestina ed Egitto – dove sono coltivati inizialmente nei giardino aristocratici, probabilmente in forme artificiali create con la potatura, per la loro bellezza ma anche per l’uso alimentare (succhi e sciroppi), per la farmacia (corteccia) e la profumeria (fiori).