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I casi della vita mi avevano condotto spesso nei paesi del nord, mai ancora in Sicilia. Vi giunsi anzi, debbo confessarlo, a malincuore e quasi rabbioso, con parecchi pregiudizi in testa. Ebbene, i mesi che passai a Palermo, in Sicilia, furono tra i più belli della mia vita. Un fervore inesausto di impressioni, unebbrezza leggera del sangue, un incanto continuato degli occhi e della mente. Mi piacevano laria, la luce diverse sembràvami, da ogni altra luce e aria che fino allora avevo conosciute -; mi piacevano gli alberi e i fiori, che lospite subito intuisce, anche se non ha avuto ancor tempo di osservarli minutamente e singolarmente, differenti dagli alberi e dai fiori degli altri paesi; mi piaceva larte nelle chiese e negli edifici antichi, così improvvisamente nuova nel suo miscuglio colorito, eppure armonico, darabo, di italico e di greco; mi piacevano la bellezza e la gentilezza, un poco scontrosa ed estrosa, della gente Nelle ore in cui le occupazioni del momento mi lasciavano libero, non facevo che girare. Ma senza fretta, con calma riposata e che riposava. Vidi così la cattedrale tutta rossa, come unarmatura di fuoco sotto il sole cocente dellestate, oppur coperta di viola nelle notti di plenilunio; visitai Monreale in una mattina di domenica mentre un canto di donne, nel Duomo, sembrava assecondare larmonia delicata e pur grandiosa delle navate, dei musaici biblici e dei sepolcri normanni; vidi loro cupo dei musaici nella penombra della Palatina E poi Villa Giulia con le sue palme snelle e virginee formare, nellaria marina, un colonnato degno del Partenone; e a San Giovanni degli Eremiti, sorgere, miracolo doriente, sotto una luna bianca come un barracano, le piccole cupole rosse, le finestre acute al par di minareti, le colonne binate del giardino retrostante ; e nei giardini e nelle piazze della città jakaranda azzurri, ibiscus purpurei, chiusi di notte ma semiaperti verso la parte dellalba. Bellezza di Palermo, indimenticabile. Rimaneva però sempre da spiegare la parola di Goethe: coma mai la Sicilia fosse la chiave dellItalia. Che si dovesse intendere nel senso che la bellezza splendente dellisola incoronava la bellezza di tutta lItalia, mi pareva troppo poco e troppo semplice. Ci doveva essere qualche altro significato. E lo cercavo nel libro di Goethe, non lo trovavo. Quella frase famosa, come spesso succede in Goethe, appariva quasi isolata, in una pagina in cui non si faceva che parlare, oggettivamente e quasi seccamente, di osservazioni sui minerali della Sicilia e poi sul clima e perfino sui cibi siciliani. Un giorno, a Valdesi, mi parve davere la rivelazione o piuttosto una delle due rivelazioni che, secondo me, spiegavano la Sicilia chiave per intendere lItalia. Valdesi è, chi non lo sapesse, una piccola località sulla via di Mondello, vicinissima anzi a Mondello, che a sua volta è la spiaggia più rinomata di Palermo. Chi non ha visto, specie verso sera il colore dellaria a Valdesi, il colore, la vibrazione, la luce dellaria sulle pendici di Monte Pellegrino, che in quella parte sono tutte rosse, con largento degli olivi nella pianta sottostante, il grigio-perla del mare, il cinereo di Monte Gallo dalla parte opposta, non ha visto, io credo, la luce più bella del mondo. Luce nitida, sveglia, eppur non crudele come per sua nitidezza è qualche volta in paesi stranieri; né, dallaltra parte, luce morbida come per velature, sia pure impercettibili, di nebbia, spesso avviene nelle contrade del nord: ma luce calma, ferma, duna virile, umana dolcezza. Questa era certo la luce che diede a Goethe la rivelazione della oggettività delle cose; di come il mondo, a lui che usciva allora dai cammini stretti e oscuri e cioè dal più acuto soggettivismo nordico, potesse esistere anche fuori di noi, con la sua nitidezza di forme e contorni. ( ) Ma cera in quei giorni dentro di me unaltra scoperta della Sicilia. E questa me la doveva dare lumile delicata mansione a cui ero preposto: ero costretto in quei giorni a leggere, per compito dufficio, grande copia di lettere che dalla Sicilia partivano e alla Sicilia arrivavano. Anche quel lavoro avevo iniziato di malavoglia, quasi sdegnoso: mi pareva troppo umile lavoro, banale e anche indelicato. Invece, dovendo per la ragione stessa della mia mansione aprire lettere private, ficcare il naso negli affari altrui e spesso in cose intime e gelose, quale strumento mi era offerto per conoscere il cuore segreto degli uomini, per conoscere lanima dellisola! Lentamente, ogni giorno, questa mi si apriva: nel suo male, nei suoi difetti anche, ché tutti abbiamo difetti: ma assai più nel bene, nelle sue qualità positive e affettive. Quante volte, leggendo, mi si appannarono gli occhi di ammirazione e di commozione. Lisola mi si rivelava quale era, quale in fondo lavevo vagamente presentita: miniera degli affetti umani. ( ) Mai, in vita mia, avevo letto lettere damore così belle.
Nellisola cera, viveva ancora lamore. E non soltanto lamore dei sensi, ma anche quello dellanima. E spesso tutti e due insieme.
Da LIsola appassionata di Bonaventura Tecchi.