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“Passammo la notte a Cefalù, dove trovammo una locanda pulita. In seguito vi ho alloggiato un’altra volta, trovandola sempre più decorosa. La città è posta ai piedi di una rocca molto alta, su cui si vedono i resti di mura e fortificazioni che le conferiscono un aspetto assai pittoresco. La campagna a ovest della città è ben coltivata e l’olio dei suoi oliveti ha fama di essere il migliore della Sicilia. Per la verità è molto buono, ma di solito non perfettamente trasparente. Le case di campagna sono linde e decorose, Ce n’è una in particolare, circondata da un parco a circa due miglia dalla città, che anche in Inghilterra sarebbe considerata una bella residenza di campagna.
La città è ben costruita, ma le strade sono strette. La popolazione si aggira sui diecimila abitanti. La cattedrale sembra contemporanea a quella di Monreale; lo stile architettonico ed i mosaici sono simili. Sull’altare ci sono due o tre dipinti abbastanza buoni, ma il suo ornamento di maggior pregio e forse una delle cose più belle di Sicilia è la tomba di un vescovo morto di recente.
Nessuno dei monumenti dell’Abbazia di Westminster gli è pari per la purezza del disegno e la bellezza dell’esecuzione. Esso rappresenta il vescovo che distribuisce elemosine: una venerabile figura piena di dignità nel fluente drappeggio delle vesti che dà una camicia a un povero storpio seminudo. Non si può immaginare nulla di più realistico di queste due figure.
Lo storpio è una bellissima statua; la camicia che riceve ha la leggerezza e le pieghe naturali della vera stoffa. Il Vescovo, pur se meno espressivo dell’Isacco Newton di Cambridge, la più bella statua d’Inghilterra; può reggerne assai bene il confronto.
Due fanciulli mendicanti, un bimbo e una bimba, completano il gruppo; essi sono rifiniti con una perizia non inferiore a quella delle altre due figure, ma tendono a distrarre l’attenzione dello spettatore dall’azione. Il monumento mi pare concepito secondo un criterio razionale di scultura. Infatti, angeli e spiriti non dovrebbero mai essere messi sullo stesso piedistallo con i mortali, perchè non si può dar loro con lo scalpello quell’aspetto etereo indispensabile a distinguerli”.