Buca della Salvezza

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La Kalsa, antico quartiere della città, di origine araba, è stata abitata, lungo i secoli, da tanti nobili e da povera gente che si dedicava alla pesca e all’artigianato. In una particolare zona del quartiere, in quella che era stata la zona abitata dai greci, si era sistemata da tempo la maestranza degli scopari e delle scupariote, cioè coloro che si occupavano di produrre scope di vario tipo. Famose nel quartiere erano le “sciarre”, una sorta di teatrale litigio in cui affiorava il “forbitissimo” linguaggio locale. Le donne si accapigliavano mentre gli uomini assistevano con lo stesso spirito di come oggi si assiste ad una partita di pallone. Dopo la contesa erano di rito i commenti e le medicazioni. Ma una di queste “tirate di capiddi”, nei giorni che seguirono  il 4 aprile 1860 assunse un carattere storico. Filippo Patti e Gaspare Bivona che avevano partecipato al moto rivoluzionario che doveva preludere all’entrata di Garibaldi a Palermo, fallito il tentativo, si trovarono braccati all’interno della sotterranea cripta di Santa Maria degli Angeli, detta la Gancia. Le forze dell’ordine borboniche non potevano entrare in chiesa, per i veti che allora esistevano e i due nobili rivoltosi, morsi dalla fame, fatta una buca nella parte alta del muro della sepoltura, fecero sapere della loro presenza nella cripta, alle popolane, che per liberarli sceneggiarono una zuffa secondo le migliori tradizioni. Le scupariote divise in due presunti partiti, vennero alle mani, si tirarono i capelli e si buttarono a terra, così che le truppe poste a guardia per i rivoltosi accorsero per sedare la lite distogliendo così l’attenzione su Patti e Bivona. I due rivoltosi, allargando la buca, poterono fuggire per il Vicolo dietro la Gancia, che da allora prese il nome di Vicolo della Salvezza. La “buca della Salvezza” è stata celebrata adeguatamente negli anni successivi e adesso si può ancora visitare in Via Alloro sul muro esterno della Chiesa della Gancia.  Le scupariote mantennero a lungo il ricordo di questo avvenimento, ma forse non si resero mai conto che erano entrati nella storia del risorgimento italiano. Filippo Patti e Gaspare Bivona si salvarono attraverso i vicoli e riparando in America, qualche frate e qualche popolano subirono un processo, molti morirono sul campanile cercando di suonare la grande campana della chiesa per attirare altri popolani del contado,  tredici rivoluzionari furono trucidati fuori le mura della città, dove, oggi, si erge un cippo commemorativo e Garibaldi arrivò a Palermo soltanto il 27 maggio1860 per liberare Palermo dall’oppressione borbonica.