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“È il centro storico un labirinto ove si aggirano i fantasmi nudi e muti del suo passato glorioso: emiri musulmani, sovrani normanni e svevi, viceré spagnoli; signori come i Chiaromonte e gli Sclafani, come Pietro Speciale, Simone da Bologna o il marchese di Regalmici sono i convitati di pietra sulla tolda di questa zattera alla deriva. Sono giunto per la prima volta a Palermo sapendo che i miei lavevano vissuta per lunghi secoli mettendoci radici -, consapevole soltanto di unorale e familiare tradizione di fasti trascorsi. Ho visitato il palazzo che ha il nome della mia famiglia: è un fantasma tra i fantasmi mi sembrò in quel primo incontro di ritrovare un ambiente da sempre conosciuto: strade e piazze, palazzi e chiese, e quei rari giardini di intensi aromi di altissime palme, erano parte della mia memoria genetica.
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I giardini di Palermo, con i loro profumi di gelsomino, arancio e bergamotto erano parte integrante di questa città: ancora nellOttocento i viaggiatori ne sentivano i profumi Nella campagna meridionale di Palermo, a circa due miglia dal nocciolo più antico di questa antichissima città, sestendeva il parco reale normanno. Era questo parco certamente una eredità araba che i sovrani venuti dal nord seppero far prosperare: infatti il più antico nome arabo Gennet el-ardhy vuol dire proprio paradiso della terra. La civiltà musulmana aveva il culto dei giardini e dunque fu grande maestra nelluso delle acque; in questo erede diretta della sapienza idraulica e ingegneresca dei romani. Ma i musulmani nutrirono un amore diverso per la natura e realizzarono in Sicilia, et pour cause, nella Conca doro un sistema idraulico come mai sera visto e mai si vedrà. I sovrani normanni disseminarono limmenso giardino della Conca di castelli, dimore, solatia che erano immersi tra laghi e fontane, rivi e canali, palmeti, papireti e agrumeti”.