Le signore di Palermo a passeggio

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Non potrò mai dimenticare la soavità del cielo pomeridiano di una tiepida giornata dell’estate di San Martino che aveva tutta la dolcezza di una nascente primavera; non saprò mai dimenticare questa storia di luce sotto il bel cielo palermitano che ha delle velature e delle trasparenze di una bellezza indicibile. Uscivo sola dal mio albergo, il Villa Igea, il più lussuoso di Palermo che può reggere al paragone con i più celebri alberghi del mondo. E’ un luogo di delizie che somiglia quasi a un vecchio castello incantato dalle agili colonne di marmo, pieno di luce e di mistero in mezzo al verde, mentre da un lato il mare libero con le sue onde viene a carezzare gli ultimi scalini di una magnifica, grandiosa terrazza. Uscivo dunque sola in carrozza e respiravo a pieni polmoni quest’aria leggera e confortevole, e sentivo il mio spirito riempirsi di questa immensa e maliosa poesia della Sicilia così profonda e così misteriosa che vi incanta e vi domina. Era un pomeriggio di ottobre di questa dolce estate di San Martino, che vi trasmette tante febbri e tanti desideri, con le sue illusioni primaverili. L’aria era tiepida, un sole pallido e dolce inondava ogni cosa; profumi strani erravano per l’aria, e si sarebbe detto che venissero da misteriose distanze sulle ali di liberi venti, in un cielo senza nuvole. Provavo come un languore ineffabile e delizioso, che vi seduceva e vi trascinava durante i pomeriggi in Sicilia, così piena di immagini che vi risvegliano tanti fantasmi di cose passate, piccoli frammenti di amori, piccole immagini di bellezze, di desideri. La carrozza si inoltrava per la via spaziosa fuori della cinta daziaria, avendo da un lato il mare magnifico e tranquillo, con trasparenze che si riflettevano sull’onda azzurra, e dall’altro lato antichi palazzi, alle cui finestre si mostravano graziose figure di donne, e dietro di esse le foglie verdi degli alberi dei giardini sconosciuti nella lontananza. Arrivata nella piazza Ucciardone, la carrozza salì per via Archimede, strada lunga e assai stretta al suo inizio, fiancheggiata da antiche case e da bottegucce, e che, allargandosi verso la fine, diventa abbastanza elegante e ben aerata. Dalla via Archimede si entra nel viale della Libertà,che è la più bella passeggiata di Palermo, una delle più seducenti passeggiate del mondo, e che per la sua larghezza, la sua eleganza e la bellezza dei palazzi allineati ai suoi lati e dei platani verdi e folti messi in linea retta sui suoi marciapiedi centrali, può essere considerata come i nostri boulevards e le nostre promenades. Non dimenticherò mai questo magnifico viale, ampio, grandioso, elegantissimo sotto la gloria di quel dolce e pallido sole d’autunno, sotto la trasparenza del cielo mite nella bellezza caratteristica dell’ora siciliana. Le case erano edificate da poco, a parecchi piani,tutte in stile diverso, sobrie, adorne di piccole fontane, col loro colore bianco nell’azzurro tenero del cielo puro e incantatore. Gli alberi erano immobili nel grande mistero di un pomeriggio soave, ed esalavano nell’aria i loro balconi di vegetazione come un tenero profumo, un alito puro che si spandeva nello spirito e che inebriava. Il viale era rigurgitante di vita. Quella giornata dolce e serena dopo le prime piogge d’autunno. Il cielo trasparente dopo tante giornate grigie e malinconiche, invitava le belle signore a uscire nei loro eleganti equipaggi per godere di quest’ultimo sole presso al tramonto e di questo dolce sorriso della divina natura. Le carrozze lanciate a grande velocità s’incrociavano come in una corsa fantasmagorica; era una sfilata continua di belle vetture e di landeaux occupati da splendide dame, belle di questa incantevole e seducente bellezza siciliana, con le capigliature castane,con occhi neri come l’ebano e profondi, mollemente sedute e dispieganti tutta la grazia della loro bellezza. Le carrozze sfilavano in numero interminabile, producendo un rumore monotono; esse andavano continuamente per questo magnifico viale, che somigliava a un ponte d’oro gettato verso l’infinito. La mia carrozza mi trasportava attraverso tante altre vetture con celerità, e accanto a me ne vedevo altre file che si susseguivano, si incrociavano incessantemente, senza sosta. A un’estremità del viale si trova la piazza Politeama, così luminosa e così fantastica. Il Politeama, magnifico teatro a doppio ordine di colonne in diversi colori, adorno di figure greche, coronato nel magnifico prospetto da un agile gruppo equestre, si innalza al centro dell’elegantissima piazza, in fondo alla quale si scorge una tenue striscia di mare azzurro. La carrozza mi trasportava come in un sogno. Lungo i controviale che costeggiano il grande viale centrale, delle automobili si inseguivano. Il suono delle trombe si innalzava tra il frastuono monotono delle carrozze, e le automobili fuggivano a due a tre insieme, l’una accanto all’altra o l’una dietro l’altra, passavano come lampi attraverso le carrozze, per sparire lontano, mentre altre ne sopraggiungevano. C’erano magnifici equipaggi di signore che uscivano, in abbigliamenti elegantissimi, durante lo splendido autunno. C’era la signora Franca Florio, superba immagine di aristocratica bellezza siciliana, dagli occhi puri e profondi, dalla pelle rosea, un pochino sottile e seducente per la sua ricca capigliatura bionda. Ella passava trasportata da due magnifici cavalli nella sua meravigliosa carrozza e al suo passaggio un movimento d’ammirazione e quasi di sorpresa e di stupore si spandeva attorno a lei. C’era anche la principessa di Trabia, così dolce, così graziosa, di una squisita bellezza sentimentale, e la contessa di Mazzarino e la principessa di Gangi con le maliziose principesse figlie, e altre signore che nella mia qualità di straniera io no conoscevo, ma che io ammiravo ed amavo, perché avevano un poco di questa magnificenza della Sicilia che nello stesso tempo mi dominava e mi seduceva. Alcune belle amazzoni si mostravano cavalcando accanto ai loro cavalieri, e c’erano in mezzo a loro donne adorabili che andavano al galoppo seguite da ufficiali luccicanti, e il movimento diveniva sempre più rumoroso e fervido e i viali erano come dei fiumi vivi. Io ammiravo incantata tutte le bellezze che apparivano ai balconi marmorei o si muovevano in mezzo alle piante dei giardinetti posti alla base di questi eleganti edifici e osservavo le belle signore sedute nelle loro carrozze, o che passeggiavano a piedi sui marciapiedi d’asfalto sotto i grandi platani folti di foglie verdi, e io notavo tutto questo fervore della grande anima di Palermo; della magnifica città, dell’azzurro e dei fiori, la cui poesia,ignorata dai più, vi seduce e vi incanta; e pensavo che in fatto di buon gusto e di eleganza le signore palermitane non hanno nulla da invidiare e si possono confrontare con le nostre parigine;e che esse possiedono questo segreto unico e inesprimibile che le rende così deliziose e misteriose. Il sole tramontava e spariva dal cielo azzurro dispensando i suoi ultimi raggi di luce rosa,che si sarebbero detti di fuoco e che sembravano veli. Divino tramonto! Io ero estasiata dalla sua magnificenza unica, mai vista, mai contemplata, che diffondeva sull’orizzonte visibile gradazioni di luce più che tenere, meravigliose. La mia carrozza andava, passando dinanzi al Giardino inglese che si trova nella parte centrale del viale della libertà e che è un giardino di un’eleganza rara, regale, piena di luci e di ombre, piena di verde e di mistero, con le sue discese, i nascondigli e i chioschi graziosissimi, con i viali lunghi e ricchi di fiori; dove nei tranquilli pomeriggi le bambinaie conducono i fanciulli che si divertono che si divertono e si ricreano esercitandosi in mille giochi; dove le bande musicali danno i loro concerti; dove si fanno anche feste notturne, concerti, lotterie, esposizioni; la mia carrozza passava, e il Giardino Inglese sembrava un campo misterioso, un giardino pagano abitato da statue mitologiche; e in quest’ultima gloria del cielo, questa ricca gloria di verde si spandeva in maniera strana con ombre profonde. E io bevevo con gli occhi l’ultima visione del magnifico viale della libertà, fervente di vita possente e giovane, mentre tutti i dolci profumi della Sicilia vagavano e si spandevano nell’aria tranquilla, e mentre nei cieli, nella gloria suprema dell’ultima luce declinante, il sole tramontava.