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La costruzione di questa chiesa fu avviata nel 1698 quando si cercò di sostituire una piccola chiesetta quattrocentesca con il medesimo nome. Il tempietto citato fu inglobato nel complesso monastico guidato, in quel tempo, da una nobile di casa Settimo, la badessa Luisa che ottenne dalle autorità ecclesiastiche le necessarie autorizzazioni per ingrandire la loro casa e la loro chiesa. Resti del vecchio monastero, oggi, si trovano all’interno dell’Istituto per geometri “Filippo Parlatore” , costruito sui ruderi del demolito antico monastero, e in un vicino vicoletto. Il progetto del nuovo edificio di culto venne affidato all’architetto gesuita Lorenzo Ciprì. La facciata realizzata dall’architetto del Senato A. Palma (1644-1730) è stata realizzata in conci di tufo ed è coronata da una loggetta di archi a tuttosesto realizzata nel 1766 per consentire alle monache di spaziare con lo sguardo oltre le mura del monastero, così come in quel tempo avevano fatto tanti monasteri siciliani. Essa è fortemente marcata da aggettanti cornici, lesene e nicchie in cui campeggiano le statue di Santa Chiara e di Santa Rosalia; nel centro campeggia lo stemma del “secondo Ordine Francescano” (le clarisse): due braccia che s’incrociano sulla croce di Cristo, uno, quello di Cristo ignudo e l’altro quello di San Francesco coperto con il saio che rappresenta la conformità ai voleri di Cristo.
Il campanile della chiesa, opera del camilliano G.Mariani (1681-1731), termina con una cupola a bulbo ed è stato più volte reataurato anche nelle parti strutturali dall’ing. Del Frago.
L’interno è ad unica navata con volta a botte dipinta nel 1721 a fresco da G.Borremans con al centro “La gloria dell’Ordine Francescano” e da G.Velasco con la ” Vite dei Santi Francescani” nella parte sottostante. Nelle cappelle laterali, prima delle distruzioni avvenute al seguito della soppressione degli ordini religiosi del 1866, vi erano belle opere di artisti locali tra i quali una “Annunciazione” di Pietro Novelli il “monrealese” che oggi si trova al Museo Diocesano di Palermo.
Il coro, ricco di una grande grata in ferro battuto, è sostenuto da quattro colonne in marmo grigio di Billiemi ed è stato dipinto nel 1721 da G. Borremans, pittore fiammingo nato ad Anversa nel 1670 e morto a Palermo nel 1744. L’affresco raffigura la gloria dello stemma francescano ed è incorniciato da bianchi stucchi disegnati dal Palma e contornati da parti in oro che arricchiscono notevolmente l’insieme. Il coro della chiesa suddetta è gemello, ad esclusione del tema degli affreschi, del coro della chiesa di Santa Maria della Pietà alla Kalsa.
Dopo la soppressione degli ordini , quindi, trafugamenti e ruberie ridussero questo monumento a scheletro di se stesso. Il Convento divenne, prima, sede di un’Istituto detto “degli Artigianelli”, poi sede fascista e ancora sede di Partito. Nel dopoguerra, ridotta a Tribunale, la chiesa fu sede del processo a Gaspare Pisciotta e Salvatore Giuliano.
Oggi funziona come teatro. Ci preme altresì ricordare che il Monastero sorge dove un tempo vi erano le terme romane.