Villa Giulia

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Villa Giulia è il primo giardino pubblico di Palermo; uno dei primi d’Italia. Fu realizzata tra il 1777/78 dal Marchese di Regalmici, Pretore di Palermo Antonio La Grua Talamanca, su un progetto di Nicolò Palma che era allora l’Architetto del Senato.

I palermitani di quel tempo passeggiavano lungo il Foro Italico che allora si chiamava “Strada Colonna”. La Villa Giulia, che in primis venne detta “Villa del popolo” fu pensata come naturale conclusione della “passeggiata alla Marina” che i nobili palermitani usavano fare quasi ogni giorno.

Quasi subito cambio nome e  fu intitolata a Giulia d’Avalos, moglie del viceré Marcantonio Colonna, ma il popolo la chiamò “a sciuriera” e i poeti la “Flora”.

Lo spazio, vicino al mare, in cui fu posta apparteneva un tempo ai Chiaramonte e faceva parte dei giardini chiaramontani che arrivavano quasi vicino alla spiaggia. Proprio questa parte di arenile veniva utilizzata dai pescatori della Kalsa per asciugare le loro reti. La realizzazione della villa sconvolse, quindi, le abitudini dei pescatori che boicottarono per tanto tempo  le varie iniziative di urbanizzazione o timido abbellimento della zona.

La Villa disegnata secondo lo schema del “giardino all’italiana”, in voga in quel tempo, fu inaugurata con grandi solennità.

Alla Villa si accedeva  attraverso un maestoso ingresso monumentale, in forme neoclassiche, posto proprio di fronte al mare. I due leoni in pietra  che fiancheggiano il grande portico, originariamente facevano parte delle decorazioni scultoree poste lungo la Strada Colonna.

Nel 1864 l’ingresso alla villa fu spostato su Via Lincoln e ancora prima, già nel 1855, era stato abbattuto il muro di mattoni che separava la villa dal mare ed era stata realizzata l’attuale recinzione costituita da pannelli in ferro battuto intercalati da piccole colonne su cui poggiano vasi da giardino in marmo.

Nell’angolo nord tra il Foro Italico e Via Lincoln, si ammira in mezzo ad una piccola pineta, la “fontana dei cigni” sovrastata dal piccolo pescatore, opera di Benedetto Civiletti; molto vicino a questa fontana, su un alto piedistallo possiamo ammirare un piccolo negro bronzeo,opera di Basile.

Vicino l’ingresso monumentale, a sinistra, un insieme di ruderi architettonici con stemmi e statue diroccate ci ricordano il grande Goethe che nel suo “Viaggio in Italia”, scrisse:”una panca collocata in alto, dietro lo spiazzo in piano, permette di abbracciare d’un colpo d’occhio una vegetazione così intricata e straordinaria, e domina delle grandi vasche nelle quali pesci dorati e inargentati si muovono graziosamente”. Da queste parti, ancora oggi, la vegetazione è lussureggiante e intricata.

Un angolo della villa è stato dedicato ai cenotafi di illustri siciliani. Secondo il gusto romantico, dei vuoti sepolcri monumentali radunati in semicerchio “all’ombra dei cipressi”, creavano particolari atmosfere tanto care alla sensibilità di quel tempo.

Oggi questo spazio è tutto in abbandono, il cancelletto è scardinato, i piccoli monumenti diruti, e risulta solamente tutto molto triste.

Qui vicino, a pochi metri, troviamo un’altra artistica fontana con la statua di Diogene in uno spiazzo contornato da panchine.

Continuando, nella zona sud troviamo un altro spiazzo di forma circolare, contornato da gruppi di statue di Lorenzo e Ignazio Marabutti. Nel centro di questa piazza c’è la meravigliosa statua del “Genio di Palermo” di I. Marabitti che troneggia un’alta roccia immersa in una grande vasca.

Il “Genio” è uno dei simboli principali della città e suo “genius loci”. Il vecchio Palermo è rappresentato da un uomo seminudo coronato con una corona ducale e contornato da tante altre figure allegoriche che simboleggiano la “felicità” della Conca d’oro e sono:  il cane accovacciato , il serpente, la cornucopia, il fascio delle verghe. Ai piedi del gruppo scultoreo si trovano il simbolo della Trinacria e due lapidi recanti l’una il celebre motto “Prima sedes corona regi set regni caput”, l’altra un distico di G.B. Delfino che celebra le glorie di Palermo.

I viali che con perfetta geometria delimitano gli spazi in cui è divisa la villa si riuniscono e si dipartono dalla rotonda centrale; la zona più rappresentativa della villa.

Luogo d’incontro, spazio privilegiato dai visitatori e centro della vita musicale di cui la villa nelle sere d’estate era la protagonista. Qui infatti, dal momento dell’inaugurazione avvenuta la sera dell’11 giugno 1778, tra luglio e settembre, si tenevano intrattenimenti musicali a spese di privati, particolarmente il nobile G.L.Moncada e Ruffo principe di Paternò.

I palchetti originali, culla di questi concertini hanno lasciato il posto, oggi, alle quattro edicole di gusto pompeiano progettate dall’architetto Damiani Almeyda e decorate dal pittore G. Meli.

Dalla rotonda è possibile ammirare il geometrico disegno “all’italiana” delle aiuole poste lungo il suo perimetro e le altissime palme Washingtonia che fiancheggiano l’attuale viale d’ingresso.

Nel centro della villa c’è la fontana di “Atlante” di I. Marabitti che sostiene sulle spalle un dodecaedro sulle cui facce era un orologio solare, opera questa, del matematico palermitano L. Federici. Le spese di questa fontana furono affrontate da Mons. Giuseppe Gioeni Trabia che aveva pure sostenuto la spesa del portico dell’ingresso principale. Tra i monumenti e le statue che decorano la villa va ricordato quello dedicato al Ven. sacerdote Giovanni Messina, apostolo missionario di Palermo, morto nel secolo scorso.