Tesori d’arte a Palermo

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Non invidio a Dio il Paradiso perché son ben soddisfatto di vivere in Sicilia
 
FEDERICO II HOHESTAUFEN, IMPERATORE DEL SACRO ROMANO IMPERO ( 1220-1250)
 
 
 
La straordinaria fusione di stili operata dall’arte arabo normanna nel XII secolo con monumenti che combinano elementi islamici, romanici e bizantini è una delle stagioni più feconde per l’arte siciliana.
Le grandi chiese coniugano la struttura classica  ai singolari e suggestivi modelli decorativi di stile bizantino (mosaici) ed arabo. Alla fine del Trecento, la dominazione spagnola fa sentire la sua influenza nell’arte determinando l’affermazione del gotico catalano, ne sono esempio le opere dell’architetto Matteo Carnelivari: Palazzo Abatellis, Palazzo Ajutamicristo, Santa Maria della Catena.
Prima che in architettura, dove si dovrà aspettare la prima metà del Cinquecento, il Rinascimento arriva in Sicilia attraverso la scultura, grazie all’opera di Francesco Laurana (1430-1502), Domenico Gagini (1420- 1492) e del figlio Antonello (1478-1536)
Dalla fine del Cinquecento l’arte risente dell’impulso controriformista e dell’esuberanza del Barocco, influenzato a Palermo dalle esperienze romane. Uno dei maggiori architetti è Giacomo Amato (1643-1732), che introduce a Palermo i modelli del barocco romano (Santa Teresa alla Kalsa, S.Mattia dei Crociferi, Santa Maria della Pietà).
I canoni dell’arte barocca si esprimono anche nella decorazione che riveste gli interni delle chiese, con l’uso della tecnica dell’intarsio dei marmi mischi.
Tra Seicento e Settecento è la volta  del Rococò, che riscuote un grande successo nella decorazione delle numerose ville e palazzi nobiliari. La scultura conosce una stagione straordinaria grazie al talento di Giacomo Serpotta (1652-1732) che nobilita l’arte dello stucco con opere di grande eleganza e raffinatezza.
Nel corso dell’Ottocento l’Unità d’Italia porta ad una nuova concezione dello spazio pubblico, che si incarna nella costruzione dei due maggiori teatri cittadini: il Teatro Massimo (1864-1897) e il Teatro Politeama (1867-74).
Intorno alla fine dell’Ottocento i canoni dello stile Liberty trasformano la fisionomia della città soprattutto nell’asse cittadino di via Ruggero Settimo e viale della Libertà, su cui sorgono sontuose dimore costruite secondo i dettami dello stile, che predilige i lavori in ferro battuto e vetro, i decori floreali e una progettazione integrale che abbraccia struttura, arredi e decori. Sul finir del secolo è l’astro di Ernesto Basile (1857-1932), figlio dell’architetto del Teatro Massimo, a dominare il panorama di quella che si propone come una piccola capitale della Belle Epoque, animata dalle ambizioni di due potenti famiglie di imprenditori: i Florio e i Whitaker.
Con la prima guerra mondiale si chiude la parabola dell’imprenditoria locale e la prolifica stagione artistica del liberty. I pesanti danni inferti dai bombardamenti del 1943 inducono all’abbandono del centro storico a favore delle periferie, che sperimentano un’urbanizzazione selvaggia. A partire dagli anni ’80 si è avuto un ritorno di interesse per il centro, che ha condotto nei decenni successivi ad un’intensa opera di riqualificazione e recupero, in chiave residenziale oltre che culturale, di molte strutture.
 

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