Palazzo Comitini sede Citta’ Metropolitana di Palermo – Aperto al pubblico

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Palazzo Comitini, sede della Città Metropolitana di Palermo, ex Provincia regionale di Palermo, è uno dei più prestigiosi palazzi della città. La settecentesca dimora storica sorge in via Maqueda 100 vicino alla Fontana Pretoria e al seicentesco”Teatro del Sole”, noto come Quattro Canti.

Nobile nella forma, sembra dominare via Maqueda, su cui si affaccia con un prospetto tardobarocco, impreziosito da colonne e lesene, balconi e cornici. La costruzione, voluta da Michele Gravina y Cruillas legato al sogno della magnificenza più che alla ragione del secolo dei lumi, principe di Comitini, si pone tra il 1768 e 1771. La storia della famiglia dei principi di Comitini ha radici in Rollone, duca di Normandia e vanta tra gli antenati capitani, giustizieri, prelati, ambasciatori, grandi di Spagna, pretori, geni dell’arte e della follia. Appartengono alla storia don Francesco, ideatore della “Villa dei Mostri” a Bagheria che intriga Goethe, Brydone, Houel; l’ammiraglio Federico, vinto a Trafalgar da Nelson.

Il loro blasone, che all’interno si tesse di bande d’oro e a scacchi in campo azzurro con stella d’argento, è contrassegnato dal motto «Spero», rievocante quello dei Tomasi di Lampedusa «Spes mea in Deo est». Solenne è il portale fra due colonne granitiche cui si abbina, sulla destra, un altro portale di dimensioni quasi uguali. Autore del palazzo è Nicolò Palma, architetto del senato e nipote di Andrea che firmò il progetto di Villa Giulia.

Il Prospetto

L’insieme prospettico è scandito da un primo piano, piano nobile, adorno di inferriate a petto d’oca. Nel 1931 l’edificio di Nicolò Palma subisce un riordino per volontà del nuovo proprietario, l’Amministrazione provinciale, oggi Città Metropolitana di Palermo. Palazzo Comitini diviene monumentale con l’aggiunta di un piano “in stile”, marcato da una cornice d’attico, mentre i nove ingressi presenti al piano terra si tramutano in finestre di gusto rinascimentale.

 

 

 

 

L’interno

Oltre il portale, incastonato fra due colonne di billiemi, si accede nel cortile diviso da possente loggiato sorretto da doppie colonne. Sulla destra si trova una fontana di pietra sulla quale idealmente siede Diana, la cacciatrice, in un affresco.

Il punto di fuga è lo scalone d’onore, scenografico nella struttura, liberty nella vetrata e nei merletti di ferro. Ai suoi lati due lapidi recitano i tempi della fondazione, 1771, e dell’ampliamento, 1931.

A destra lungo la scalinata si erge su un alto piedistallo baroccheggiante un piccolo Cristo in marmo di memoria michelangiolesca. Quindi la scala sale e da una parete viene fuori una Madonna con Bambino. Dipinto che tardivamente rimodula la vulgata di Leonardo.

Più in alto è un altro loggiato ad archi che guarda, di là dalla balaustra, nel cortile sottostante. Addossato all’esedra di fondo è una conchiglia con puttino e drago, dalle cui fauci esce un rivolo scintillante d’acqua.

Ai lati dell’ingresso alle sale principesche due spegnitorce a forma di bocche di pietra, sanno ancora dell’acre fumo dei torcieri spenti.

 

 

I Saloni

Il primo salone che incontriamo è il grandioso vestibolo, già sala delle armi, affrescato con decori architetturali di interni ed esterni, paesaggi primaverili, vasi di pianti e fiori, finestre su giardini irreali, illusioni prospettiche, un gioco di trompe l’oeil, che coinvolge le pareti e la volta a botte.

Segue un secondo vestibolo, detto Sala Gialla, che separa gli ambienti privati del palazzo da quelli di rappresentanza. Le sovrapporte rivisitano ruderi greco-romani della Sicilia. Un doppio paesaggio di un seguace di Jacob Philipp Hackert rivela l’ideale di natura del neoclassicismo. Ai muri sono diversi dipinti di artisti ottocenteschi e contemporanei ( F. Lojacono, Giambecchina, Beppe Vesco e altri), significanti il rinnovamento culturale.

La Sala Verde scintilla di una preziosa consolle e di una vertiginosa specchiera impreziosita ai lati dai ritratti dei Baroni Malvica.

Dal soffitto scende un bianco lampadario di Murano che rischiara le sovrapporte: due paesaggi e le stagioni. Quest’ultime sono attribuite da Maria Accascina a Elia Interguglielmi, pittore fra i più rappresentativi del meridione d’Italia tra fine Settecento e inizio Ottocento che ricorda molto il pittore francese Boucher. Diversi dipinti e sculture di fine Ottocento e inizio Novecento impreziosiscono l’ambiente.

Accogliente e calda è la Sala Rossa, con le sue sovraporte firmate da Interguglielmi: allegorie simboleggianti il buon governo. La Concordia è indicata dalla cornucopia e dal caduceo; la Pace dal ramoscello d’ulivo; la Prudenza dal serpente e dallo specchio; la Temperanza dal morso e dalle briglie. Nella sala sono presenti anche i ritratti del duca e della duchessa di Reitano.

Severa la Sala Sciascia, dove si riuniva la Giunta della Provincia regionale di Palermo. Raccoglie tele di Maria Giarrizzo, Ida Nasini Campanella, Renato Guttuso, Pippo Rizzo, Michele Dixit, Salvatore Mirabella, Lia Pasqualino Noto, Rocco Lentini, Umberto Valentino, Laurenzio Laurenzi, Mario Folisi, Eustachio Catalano. Assorto nella geometria della ragione è il ritratto in bronzo dell’autore del Consiglio d’Egitto, Leonardo Sciascia, realizzato da Mario Pecoraino.

 

La Sala Martorana

È il trionfo dell’ultimo barocco ed è detta anche sala degli specchi o da ballo. Tripudio di sacro e profano, che si riflette nella luce ambigua dei quindici specchi che,

come paraste, si slanciano verso il soffitto coronati da ovali  dipinti.

Meraviglioso il pavimento maiolicato proveniente dalle fornaci napoletane e firmato dai maestri Attanasio.

 

 

 

 

 

 

 

Segnata da una cornice ovale è la volta nel quale vola la Verità, assisa su un carro trainato da amorini. Sontuoso lo stuolo degli angeli che proclamano con trombe e cartigli che il «vero piacer trionfa» e ancora che «delle torbide voglie la stragge al vero piacer forma il trionfo».

Ai quattro angoli il pittore pone le virtù cardinali sedute sulle nubi, ridondanti di femminilità. Avvolta di rosso e sicura come Minerva è la Fortezza con elmo e scudo; domina e frena l’altezzosità con morso e briglie la Temperanza; vestita di manto dorato è la Prudenza, che tiene in mano uno specchio; splende di turchese la Giustizia con bilancia e spada. Autore della volta è, come si legge sulla cornice ovale, Gioacchino Martorana.

Illuminato da una monumentale coppia di lampadari di Murano, il salone delle feste mostra dodici sovrapporte di ispirazione perlopiù biblica e mitologica. Dipinti, questi ultimi, del Seicento, riadattati agli spazi settecenteschi, prodotti dalla bottega di Pietro Novelli, Alonzo Rodriquez, Mattia Preti, Regnier Nicolas, Mattia Stomer, Massimo Stanzione e da anonimi italiani e fiamminghi.

Sovrasta lo scenario festante l’altera figura di Michele Gravina y Cruillas, principe di Comitini, che nel 1770 affida la struttura decorativa del palazzo al Martorana, probabile autore del ritratto, in cui è evidente la maniera vandyckiana e batoniana.

 

Le Stanze Segrete

Tornando indietro, sulla destra della sala gialla, si trovano gli appartamenti privati: la camera da letto e due boudoirs adiacenti, detti anche

“stanze dei piatti”. Due preziosi scrigni del Rococò palermitano che presentano sulle pareti piccoli specchi di Murano incisi.

Grandiosa nella scenografia rococò è la camera da letto dei principi, oggi studio di rappresentanza della più alta carica istituzionale dell’ente. Parlano con il timbro tenebroso dei caravaggeschi e con la gravitas dei secenteschi seguaci di Cavallino, Mattia Preti e Bassano, le tele rappresentanti Gesù e la Samaritana, la Decollazione di Giovanni Battista, Loth che lascia Sodoma, l’entrata degli animali sull’arca di Noè, Gesù a casa di Marta e Maria e una cena in Emmaus.

Completano il percorso tre stanze: la segreteria della Presidenza, la Sala del caminetto e il Giardino d’inverno.

Nella sala del caminetto, ora intitolata a Salvo D’Acquisto, sono raccolte opere di pittori quali Renato Guttuso, Bruno Caruso, Mario Delitala, Saverio Terruso, Croce Taravella e Paolo Madonia.

Il giardino d’inverno custodisce un composto plafond a cassettoni, un lampadario vagamente liberty e mobili in stile. Decorano le pareti alcuni quadri del Novecento, firmati da Piera Lombardo, Domenico De Vanna e Giovanni Filippone.

Scrigno di bellezza che riporta alla memoria gli interni del Gattopardo, con gli scaloni baroccheggianti e i pavimenti maiolicati, gli affreschi e le tele alle pareti, la lussuria dei sofà e la preziosità dei mobili, i saloni damascati e la sala da ballo, fulgenti di dei e semidei, è Palazzo Comitini per un secolo e mezzo dimora aristocratica dei principi Gravina.

Nella sala Martorana di Palazzo Comitini il 23 dicembre 1945 la Consulta regionale siciliana ha approvato il progetto di quello che sarebbe, pressoché integralmente, diventato l’attuale Statuto della Regione Siciliana.

Altre opere presenti nei saloni di Palazzo Comitini

Sono di Ettore De Maria Bergler i quadri Donna con brocca e Donna alla fontana, evocativi del tardo realismo e del decoro liberty. A Giacomo Marchiolo si deve Golfo di Palermo visto da Sant’Erasmo,   limpido nel vedutismo; a C. Buscemi Paesaggio, timbricamente caldo nella visione; a Salvatore Marchesi Chiostro di San Giovanni degli Eremiti, ridondante di mediterraneità floreale. Altri pittori presenti sono: Salvatore Maddalena, Mario Mirabella e Sabatino Mirabella. Dello scultore Mario Rutelli – che sul teatro Politeama colloca la grandiosa quadriga pronta a volare sulle nuvole – è un realistico ritratto di D. Morelli in bronzo.

Contatti

Indirizzo: Palermo – Via Maqueda, 100

Gli orari di visita guidata di Palazzo Comitini sono i seguenti: dal lunedì al venerdì alle 10.00 alle 11.00 e alle 12.00.  Giovedì anche alle 15.00 e alle 16.00,
E’ possibile prenotare via e-mail all’indirizzo cerimoniale@provincia.palermo.it
info:  ING. ARMANDO BUSCIGLIO 091 6628251 / fax 8566 – Resp.le PO Ufficio Affari Generali e Comunicazione –
Ingresso libero.
Foto Enzo Ferreri