Itinerario “Zoppo di Gangi”

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Giuseppe Salerno, figlio di Pietro, un benestante coltivatore ed allevatore, e di Barbara, nasce a Gangi intorno al 1573; la famiglia, che abita in una casa del quartiere San Paolo, conduce una vita non agiata ma neanche particolarmente modesta. La circostanza che vede, in questo periodo, il maestro ennese Pietro Bellio stabilirsi a Gangi nello stesso quartiere dell’abitazione del Salerno, di cui Giuseppe diventa allievo probabilmente insieme al conterraneo Gaspare Vazzano. Per tale ragione è probabile dunque che possa essere proprio il giovane Salerno l’apprendista che, nel 1591, lavora insieme a Gaspare Vazzano nel palazzo Pretorio di Palermo. Nel settembre del 1598, spesa Vincenza De Urso, originaria della vicina cittadina di Nicosia, ed impianta la propria bottega a Gangi nel quartiere di San Paolo. Del 1600 è una delle sue prime opere documentate, la perduta Natività per la chiesa della Catena di Gangi e l’anno successivo, sempre a Gangi, si impegna per l’esecuzione di una Madonna dell’Itria, anch’essa perduta. Sarà però il 1602 a sancire l’affermazione artistica del Salerno e nello stesso tempo, la nascita della questione sullo Zoppo di Gangi; accanto a questo pseudonimo infatti, per la prima ed unica volta, maestro Giuseppe pone il proprio nome, firmando il Trionfo della Fede di Enna: UT DICITUR IL ZOPPO DI GANGE. E’ a partire dal 1606 che il maestro Giuseppe si troverà particolarmente impegnato nella produzione di pale d’altare per i vicini centri madoniti; in quell’anno infatti firmerà il Martirio di Santo Stefano ed il San Pancrazio a Polizzi e ancora la Santa Caterina d’Alessandria a Petralia Soprana. E’ nel 1611 che firma il San Benedetto in trono per la Chiesa della Badia Vecchia di Polizzi. Nel secondo decennio del Seicento (1612-1623) la bottega gangitana di Giuseppe Salerno è particolarmente operosa; le commissioni provengono specialmente dalle vicine Petralie e dai paesi madoniti, ma anche dalle chiese della sua Gangi.

Del 1613 è una perduta Immacolata Concezione e Santi commissionata al Salerno da dotti committenti di San Mauro Castelverde, mentre dell’anno seguente è una pittura per l’altare maggiore della chiesa di San Giacomo a Collesano. Nel 1616 è ancora a Polizzi dove esegue la Natività con il Trionfo dell’Eucarestia e l’anno seguente firma e data il Trionfo dell’Eucarestia con i santi Caterina da Siena e Pietro Martire per la chiesa madre di Petralia Sottana. Nel 1620 l’artista ritorna ancora a Collesano per affrescare la cappella del Sacramento della chiesa madre. Nello stesso anno Giuseppe Salerno, infaticabile, gira ancora per i paesi delle Madonie: a Polizzi firma e data il Patrocinio di San Gandolfo, fra le opere più belle dell’artista, ed esegue il Ritorno dall’Egitto, mentre ad Isnello data l’Adorazione dei pastori per la chiesa dell’Annunziata. Questo periodo di attività del Salerno, che denota la piena maturità dell’artista sempre alla ricerca di un giusto equilibrio fra la trasmissione del messaggio devozionale e la sua traduzione in un corretto linguaggio figurativo.

Il periodo 1624-1633 vede gli ultimi lavori del “soldato di piedi”, infatti è del 1629 il suo massimo capolavoro, impegnativo anche per le inusuali dimensioni della tela: il Giudizio Universale commissionato dal parroco della Chiesa Madre di Gangi. La complessità del tema tratto e la particolare composizione data dall’artista fanno di quest’opera uno dei maggiori capolavori dell’arte pittorica del primo seicento e, certamente, l’opera più complessa del Salerno. Nello stesso anno, a Petralia Sottana, maestro Giuseppe firma e data le cinque piaghe di Cristo per la chiesa madre di quella cittadina. Oramai invecchiato, il maestro gangitano esegue, nel 1630, l’ultima sua opera nota, la Madonna delle grazie nella Chiesa Madre di Enna. Pochi anni dopo, nel 1633, anche questo gigante della pittura siciliana lascia il mondo lasciando numerosi esempi del suo estro artistico; seppellito nella stessa chiesa del Carmine dove, qualche tempo prima, aveva trovato riposo, il suo primo maestro, Pietro Bellio, i suoi resti sarebbero stati trasferiti successivamente nella Chiesa della Catena nella quale, sembra, il Salerno aveva lasciato la propria impronta.