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Le testimonianze archeologiche datano il primo insediamento nel territorio al sec. IV a.C, epoca a cui risale una necropoli ellenistica che ha restituito, fra l’altro, una pregiata anfora a figure rosse. Il primo ritrovamento archeologico è del 1650, quando venne rinvenuta una statua punica-egittizzante raffigurante una donna identificata con la dea Tanit-Athena Iside. La statua, alta poco più di un metro, aveva tre visi e reggeva in una mano un disco, simbolo del sole, e nell’altra due serpi, simbolo del dominio sull’acqua. “Iside” fu posta nella Chiesa Madre e destinata a reggere il fonte battesimale. Mantenne questa funzione per più di un secolo, fìn quando il vescovo di Cefalù, reputando blasfema la presenza di un simulacro pagano nel tempio, ne ordinò nel 1771 la distruzione. A nulla valsero le proteste dei polizzani che, da allora, per vedere la loro Iside, hanno dovuto contentarsi di una incisione realizzata nel 1720. Ben poco rispetto aveva ottenuto ladea alla quale, secondo una fantasiosa etimologia, si dovrebbe persino il nome di Polizzi, da Polis Isis (città di Iside).
Il nucleo attuale della cittadina si sviluppò a “partire dalla dominazione bizantina, allorché venne costruita una fortezza per la difesa delle vie d’accesso alla Val Demone. Espugnata nel 882 dagli Arabi che vi si insediarono, la cittadina conserva di questo periodo la caratteristica topografìa urbana con vicoli, scalette e archi ribassati. La moschea è stata trasformata nel 1361 nella chiesa di Sant’Antonio Abate. Il ricordo della sua esistenza rimane solo nel toponimo “via moschea” in quello che una volta era il quartiere ebreo, nei pressi di Piazza Castello. Quest’ultima trae il nome dal castello arabo-normanno, il fulcro dell’insediamento abitativo, del quale residuano soltanto pochi ruderi.
Nel Medioevo il castello era intatto e possente e intorno a esso, come accennato, s’andò sviluppando -soprattutto in epoca normanna – un nucleo urbano che, nell’XI-XII secolo, era tra i più importanti delle Madonie. Nel 1082 il territorio polizzano venne donato da Ruggero I alla nipote Ade-lasia, la quale diede forte impulso allo sviluppo del borgo, ordinando, fra l’altro, anche l’ampliamento della Chiesa Madre. In seguito, rolizzi tu sempre citta demaniale, titolo che conservò con orgoglio e all’occorrenza difese accanitamente: sul finire del XIV secolo, ad esempio, i cittadini raccolsero e versarono nelle casse regie una somma esorbitante per sottrarsi alla signoria di tal Raimondo Caprera. Le famiglie reali che si succedettero al governo della Sicilia, peraltro, mostrarono sempre di apprezzare Polizzi e la sua calda ospitalità. Molti esponenti delle dinastie regnanti vi si fermarono e l’accoglienza sempre dimostrata meritò alla cittadina l’appellativo di “Generosa” conferitole da Federico II di Svevia nel 1234; molti anni dopo, nel 1535, un altro imperatore, Carlo V, per ricambiarne l’ospitalità, concesse ai cittadini di riunire un senato e donò loro il proprio baldacchino (custodito nel Tesoro della Chiesa Madre).
Numerose famiglie nobiliari avevano qui la propria residenza e alimentarono una ricca vita culturale e sociale oltre a promuovere, naturalmente, l’economia locale. Molti erano, inoltre, i borghesi e Polizzi fu a lungo piuttosto progredita rispetto ad altri comuni. Basti pensare che, nel 1901, fu il primo paese siciliano ad avere l’illuminazione elettrica.