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Si presume che la storia di Monreale non nasca con il Duomo. Infatti tuttora esiste il toponimo locu vecchio riferito a una località sulle balze di Monte Caputo, in cui si pensa vi fosse un insediamento umano più antico. La leggenda invece narra che Guglielmo I, durante una battuta di caccia nei dintorni di Palermo, si riposò all’ombra di un carrubo. Addormentatosi, gli apparve in sogno la Madonna, che gli indicò il luogo dove si nascondeva un tesoro, che lui avrebbe dovuto utilizzare per costruire una chiesa. Più prosaicamente lo storico ritiene che il sito su cui erigere il meraviglioso duomo, non a caso intitolato a Santa Maria Nuova, fu scelto perché attiguo al più antico nucleo abitato del posto, ubicato nei pressi di una sorgente, l’attuale quartiere Pozzillo.
Con la realizzazione del duomo, Guglielmo I mette in atto un grande progetto politico e strategico, gettando il seme della tolleranza e dell’ecumenismo.
Alla costruzione del tempio Guglielmo chiama a lavorare muratori arabi, artisti e mosaicisti bizantini e borgognoni per il chiostro e per tutto il complesso monumentale.
Cento monaci furono inviati dal convento benedettino di Cava dei Tirreni nel nuovo monastero. L’abate Teobaldo, il primo dell’abbazia, divenne così arcivescovo di una nuova arcidiocesi che tanta importanza avrà nelle vicende politiche dell’epoca, arrivando ad essere governata da esponenti delle famiglie di primo piano, come i Medici e i Farnese, i Borgia e i Colonna, gli Orsini e i nobili di Spagna e Francia.
L’arcidiocesi andò via via estendendosi: l’abate Teobaldo divenne signore di tre castelli (Giato, Corleone e Calatosi) e ricevette in concessione vigne, giardini, mulini, tonnare. Le basi erano gettate. Accanto all’importante abbazia sorse una civitas, destinata a diventare crogiolo della civiltà latino-cristiana in una terra fino ad allora abitata dai Saraceni. L’età barocca vide il moltiplicarsi delle chiese contemporaneamente al fiorire delle attività.