Caltavuturo

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Altitudine 635 m s.l.m.
Abitanti 3.825
Gli abitanti si chiamano:Caltavuturesi

Caltavuturo ha probabilmente origini arabe, il toponimo deriva, forse, da Kalat Abu-Thur nome del condottiero arabo che nel suo territorio, nell’882, sconfisse i bizantini. Altri sostengono che derivi da Kalaat e Vuturu che significherebbe “Rocca dell’avvoltoio“. Si pensa, che all’arrivo degli arabi esistesse sulla rupe già una fortezza bizantina.
Caltavuturo conserva un patrimonio artistico di un certo valore, la chiesa Madre , tardo-rinascimentale conserva un organo barocco riccamente decorato attribuito a Raffaele La Valle, una “Vergine con Bambino con transito della Vergine” attribuita a Giuliano Mancino, una tela di scuola fiamminga “l’Adorazione dei Magi” e una statua della Vergine di Domenico Gagini. La settecentesca chiesa di Santa Maria la Nuova, conserva  all’interno della propria struttura, ad unica navata, dei vivaci stucchi sette-ottocenteschi, una Vergine con bambino attribuita alla bottega di Antonello Gagini ed un tabernacolo marmoreo datato 1516, nel quale sono rintracciabili influssi del Laurana.
Presso la chiesa di San Francesco  dei Padri Riformati è custodito un Crocifisso ligneo di “Fra’Umile Pintorno da Petralia. Caltavuturo fu conquistata dai normanni nel 992 dopo un accanita resistenza degli Arabi. Divenne feudo della Contessa Adelasia, nipote di Re Ruggero. Rimase proprietà demaniale per parecchi secoli finché fu acquistata da Enrico il Rosso nel secolo XV. L’attuale paese sorse nel secolo XV, fu dei Conti Luna, dei Toledo, dei Ventimiglia, dei Ferrandina, e infine dei Moncada.
E’ d’obbligo la risalita alla parte più antica dell’abitato attraverso le strette e tortuose viuzze, qui, a 739 metri s.l.m., sorgeva il castello saraceno di Kalat-Abu-fhur (sec.lX), ricordato dal geografo Arabo Al-ldrisi come “forte e popolato”. Ancora rintracciabili sono i resti dell’antico insediamento urbano, abbandonato alla fine del 1500, da qui il paesaggio si apre sulla sottostante vallata, la rocca di Sclafani  monte Riparato. Verso nord alle falde di Terravecchia svettano a strapiombo sulla vallata i resti della chiesa del Casale, risalenti probabilmente al XII secolo. In paese, ancora, da ammirare è un marcato agro-pastorale, posto tra la rocca e l’abitato.
L’ Amministrazione Comunale di Caltavuturo ha messo in cantiere un fitto programma di interventi ai suoi beni culturali, capace di attrarre i visitatori e di dare sbocchi occupazionali ai giovani. In effetti, Caltavuturo ha tutte le carte in regola per «sfondare» nel comparto del “turismo culturale”, specie se andranno in porto i massicci interventi in direzione della valorizzazione di monte Riparato, un’area archeologica di rilevante interesse. Sul monte, inaccessibile da tre lati, sono stati individuati un antico centro abitato molto importante dal punto di vista strategico-militare, due necropoli e le tracce di un antica strada. Nel sito sono previsti il completamento della via d’accesso all’area archeologica che sorge lungo il corso del fiume Himera, a circa 2 chilometri dal paese; il proseguimento della campagna di scavi, condotta dalla Soprintendenza di Palermo; la costituzione del museo archeologico.
Ma il comune pensa anche di intervenire nella zona storica-archeologica di Terravecchia, attraverso il restauro del castello, la creazione di servizi, l’impianto di illuminazione monumentale, la piantumazione di alberi per mimetizzare i muri in cemento, la sistemazione, dei reperti rinvenuti nella zona dell’antiquarium della Chiesa del Casale. Anche la zona Mandrie sarà oggetto di attenzione, mediante il restauro e la riqualificazione degli ovili in pietra di contrada “Portella” e una convenzione con le aziende pastorizie per svolgere attività dimostrative e turistico-promozionale. Il recupero e restauro del Ponte Vecchio, a valle del Monte Riparato, è un’altro obiettivo dell’Amministrazione, con lo scopo di conservare la memoria degli scambi tra le popolazioni delle basse Madonie e della valle del Torto.
Attenzione anche nei confronti delle chiese di San Gaetano, San Ciro, per le quali si prevede il ripristino e la ristrutturazione, nonché l’installazione di targhette storico-informative. Per la chiesa Madre sono previsti il restauro delle tele e delle statue, il censimento delle, opere gaginiane per inserirle nel catalogo dei lavori della scuola gaginiana delle Madonie Non sono trascurate nemmeno le antiche masserie e i mulini ad acqua. Le prime rappresentano veri e propri monumenti della civiltà contadina, di cui é costellato l’intero territorio agricolo. Per valorizzarle, sono previste convenzioni con i proprietari per consentirne la fruizione in particolari periodi dell’anno, legati al ciclo produttivo agrario; per i secondi, invece, si pensa alla ristrutturazione e alla rimessa in funzione dei mulini di Gazzara. Infine, sono previsti interventi di restauro della chiesa del Casale, situata ai margini dell’abitato di Caltavuturo, con contestuale istituzione di un antiquarium con reperti di Terravecchia; la valorizzazione dell’ Eremo posto sulla rocca di Sciara; e l’acquisto di palazzo Modaro, palazzo Oddo, palazzo Di Marco e di altri palazzi storici per ristrutturarli e adibirli a beni da fruire turisticamente.
E intanto una bella notizia é arrivata, alla fine del “97, da New York. Il giudice Barbara Jones ha assegnato la custodia temporanea del piatto d’oro del 450 a.C, noto come «Phiale mesomphalo», al Dipartimento per le tradizioni, in attesa di restituirlo all’Italia e al comune di Caltavuturo, dove é stato rinvenuto negli anni 70 ed esportato illegalmente negli USA. Caltavuturo potrà così fregiarsi di un reperto archeologico di notevole valore storico-culturale, che andrà ad arricchire il patrimonio dell’istituendo museo civico.