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Gli abitanti si chiamano: Borgettani
Popolazione residente: 6240
A parte la leggenda che vuole la nascita di Borgetto simile a quella dell’antica Roma secondo quello che fu definito il cosiddetto “Ratto delle Sabine”, la prima notizia certa del paese viene da un documento del 1294, che ci fa conoscere il nome del suo primo signore feudale: Simone d’Escolo.
Nel 1337 il feudo passò in eredità a Margherita d’Escolo, moglie di Federico d’Antiochia Fellone, che circa 14 anni dopo, nel 1351, mise all’asta il centro abitato. Se l’aggiudicò Margherita De Blando, che lo donò all’Abate di San Martino delle Scale, a condizione che vi fondasse un monastero. Sorse, così, nel 1360, il monastero di santa Maria delle Ciambre
Nel 1410 diventarono eredi universali dell’intero feudo di Borgetto, passato ad Andrea Guardabaxo, i frati di quel monastero, ma anche stavolta la condizione fu quella che vi costruissero un altro complesso monastico, in contrada Carrubella.
Ed effettivamente – tre anni dopo -venne eretto il monastero della Madonna del SS. Romitello.
Quale l’origine del nome del paese? Probabilmente, sostiene Andrea Salomone, Borgetto deriva dall’etimo arabo “burg” o da quello greco ‘burgos”, cioè torre-castello. Ciò è avvalorato anche dallo stemma municipale, rappresentato da un leone e da una torre.
Un personaggio che dà lustro al piccolo centro è Salvatore Salomone Marino, nato proprio a Borgetto nei 1847, e morto sempre in paese nel 1916. Demopsicologo e poeta molto legato al mondo contadino, resta famoso per la sua pubblicazione “La baronessa di Carini“.
Altri personaggi famosi sono lo scultore e cesellatore Giuseppe Fortunato Pirrone, il pretore e presidente della Suprema corte di Giustizia Santi Migliore (1780-1854), che fu anche presidente dei dazi indiretti e questore di Palermo (1849).
Un illustre personaggio, che ha vissuto nell’Abazia di S. Maria delle Ciambre , in territorio di Borgetto (Romitello), è il poeta e scrittore Teofilo Folengo, nato a Campese (Vicenza) nel 1491. Allievo del Pomponazzi, si fece frate benedettino nel convento di Sant’ Eufemia a Brescia nel 1509, per passare poi nel convento di S. Benedetto Mantovano e in quello di S. Giustina a Padova. Nel 1537, su invito del viceré ferrante Gonzaga, venne in Sicilia, a San Martino delle Scale e nell’Abazia di S. Maria delle Ciambre, in territorio di Borgetto (Romitello) con la carica di priore.
Qui compose “L’atto della Pinta”, una sacra rappresentazione per la chiesa di S. Maria della Pinta a Palermo, e il poema in terza rima “La Palermitana”, ispirandosi ad episodi della storia sacra, dalla creazione del mondo all’avvento del Redentore.
Cominciò anche l'”Hageomachia”, dove narra la vita dei Santi Martiri, che poi rimase incompleta. La fama del Folengo resta legata soprattutto all’invenzione del latino macheronico, in cui traveste la lingua latina, il volgare italiano e il dialetto mantovano, facendone strumento di parodia del classicismo contemporaneo.
Il suo capolavoro comunque resta “Le Macheronee“. Durante la sua vita di intellettuale si attirò le ire della Chiesa, di fatti, Teofilo Folengo s’impegnò duramente in battaglie contro le corruzioni ecclesiastiche e in favore della riforma dei costumi.