Festa di San Giovanni

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Festa di San Giovanni a  Castelbuono (PA) Tradizionale Sagra di fave e patate nelle quarare (grandi recipienti di rame), per le vie del paese, offerte poi a tutti i passanti. Il 24 giugno, giorno della festa, degustazione gratuita di fave, patate bollite e vino, giochi tradizionali, gruppi di animazione musicale itineranti e degustazione di piatti tipici madoniti, ideati e preparati da un gruppo di cuochi di Castelbuono. Un rito propiziatorio per l’avvenuto raccolto, di sapore pagano, ma ricco di fascino. Tra fave appena scolate e fumanti, vino, e musica di mandolini chitarre e fisarmoniche, scorre una festa tra schiamazzi e tanto divertimento fino a tarda notte.
LE QUARARE
Il rito di accendere fuochi per le strade nei giorni di festa è antichissimo, addirittura pre cristiano. Con l’avvento del Cristianesimo, essi furono assunti come simbolo della vera luce. In molte città e paesi si conserva ancora l’uso di rischiarare la notte con questi falò dal sapore magico (le vampe di San Giuseppe a Palermo ecc…) in altri sono andati perduti (San Michele a Castelbuono). Sorte diversa subirono le vampe di San Giovanni a Castelbuono. Nascono dal pio uso di accendere fuochi in ricordo del sacrilegio che Giuliano l’Apostata (361) compì facendo bruciare le ossa di San Giovanni per farne estinguere il culto. Poiché la festa di San Giovanni coincideva con il raccolto si prese a mettere sul fuoco…le fave, come segno di ringraziamento e rito di prosperità. Un motteggio madonito ammonisce i castelbuonesi che per ogni festa trovano cosa mangiare e non hanno dubbi sul bere buon vino.
IL RITO DEL COMPARATICO E DEL COMMARATICO
Grande importanza rivestiva il rito del comparatico e del commaratico. Si può dire che era il vero fulcro della festa. A Castelbuono esistono tre tipi di cumpar e sono quello di coppula o birritta (battesimo), quello d’aneddu (matrimonio) e ù cumpar i San Juvann. È proprio quest’ultimo il vincolo più sacro che si possa stringere. Il vincolo più sentito, un vincolo che lega a vita e con una forza indissolubile. Tramite una formula si diveniva compari (tra uomini) o commari (tra donne), praticamente era un presentare la propria amicizia, tramite San Giovanni, a Dio stesso. Una specie di Sacra unione.
Diverso il rito tra uomini e donne.
I primi, vestiti a festa, usavano regalarsi un garofano rosso a vicenda e recitavano: “cummar e cumpar cù piricudddu quann manciu un vogghiu a nuddu a finuta di manciar vogghiu tuttu i me cumpari pil d’or pil d’argent cumpar ora e pi sempr cumpar ì San Giuvann cumpar tutti l’ann”.
Qualcuno aggiunge: “’nzocch aviim ni spartiim chiddu c’ammanca l’attruvam”.
Dopodichè s’abbracciavano e mangiavano insieme le fave. Da quel momento il compare diventa un vero familiare a cui si tributano gli onori propri di questi se non maggiori. Tra le donne vi erano diversi usi per stringere commaratico, ricordiamo ad esempio il bere un sorso d’acqua salata dallo stesso bicchiere proclamandosi cummar. Altre mangiavano un frutto recitando un Credo, altre ripescavano un anello nell’acqua salata. Ma il rito più diffuso era quello del capello. Le due prendevano un capello rispettivamente e li intrecciavano insieme facendoli confondere, poi li buttavano via dicendo: “pilu piliddu vattinni o mari mi saluti a ma cummari mi saluti a cchiù bedda cu la cruna (‘nocca) e la zagaredda”.