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La Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, nota come “La Martorana”, insieme alla piccola chiesa di San Cataldo, domina la sottostante Piazza Bellini. Costruita nel 1145 da Giorgio d’Antiochia, ammiraglio di Ruggero II, la chiesa deve il suo nome “La Martorana” al vicino monastero fondato nel 1193 da Eloisa Martorana. In età aragonese fu ceduta (1438) dal re Alfonso “il Magnanimo” al suddetto monastero. Le monache del convento benedettino erano famose per la preparazione della frutta di marzapane, detta “frutta di martorana” , che ancora oggi ci rallegra gli occhi e il palato sopratutto in occasione della palermitana “festa dei morti” del 2 novembre, giorno in cui i coloratissimi e prelibati dolcetti vengono preparati.
La chiesa nel corso dei secoli ha subito diversi interventi.
La Martorana in origine era composta da un corpo quadrato, diviso a croce greca da quattro colonne sorreggenti la cupola su tamburo con nicchie angolari, e da tre absidi; ed era anche preceduta da un portico che la collegava al campanile. Quest’ultimo, originariamente staccato dall’ edificio, è aperto in basso da arcate ogivali con colonne angolari sormontate da tre ordini di grandi bifore con intarsi lavici e bugne a guanciale delle arcate. I due ordini inferiori molto probabilmente appartengono alla fase iniziale della costruzione mentre gli ultimi due ordini, ornati da colonnine poste sugli spigoli arrotondati, risalgono al XIV secolo.
Sul finire del XVI secolo la facciata originaria venne demolita, la chiesa fu allungata e venne inglobato il portico antistante che l’ univa al campanile.
Nel 1750 una facciata barocca mistilinea di notevole effetto scenografico, su progetto di Nicolò Palma, fu addossata sul fianco settentrionale della chiesa prospiciente sulla piazza Bellini, quest’ultima abbassata nel XIX secolo.
Infine nel 1870 Giuseppe Patricolo, con l’intento di riportare la chiesa alla sua originalità, cancellò parte della decorazione barocca.
All’ingresso la chiesa presenta un sottocoro con la volta affrescata da Olivio Sozzi mentre in alto una bella grata in ferro battuto dorato delimita il coro delle monache, la cui volta è stata dipinta da Guglielmo Borremans.
Su una colonna posta a destra dell’ingresso, all’interno di un distico, un’iscrizione islamica recita: “Nel nome di Dio clemente e misericordioso …. ” (fonte)
Questa formula si chiama Basmala e si trova all’inizio di tutte le sure del Corano, eccetto la sura IX. Tra i magnifici mosaici bizantini a fondo oro che ricoprono interamente la chiesa si trova, situato nell’abside nord -orientale, l’icona musiva di Giorgio DAntiochia rappresentato dinanzi alla Vergine. Qui la Madonna regge un cartiglio nel quale si legge una preghiera di intercessione in lingua greca che Lei stessa rivolge a Cristo in favore dell’Ammiraglio antiocheno che Le aveva dedicato la chiesa:
“Chi ha costruito dalle fondamenta questa mia casa, Giorgio il primo fra i primi di tutti i miei principi, o Figlio, custodiscilo con la sua gente da ogni male e donagli il perdono dai peccati, perchè tu ne hai il potere come unico Dio, O Verbo“.
Sul lato opposto si trova il mosaico raffigurante Ruggero II, vestito come un imperatore bizantino, con il capo lievemente chinato mentre viene incoronato direttamente da Cristo sottolineando, così, l’investitura divina del suo potere. Si ricorda che in Sicilia vigeva l’istituto della legazia apostolica, privilegio che Urbano II concesse nel 1098 al conte Ruggero I e ai suoi successori, grazie alla quale i regnanti di Sicilia potevano avere competenza esclusiva in materia ecclesiastica.
Raffigurato in trono al vertice della cupola è il Cristo Pantocratore con la mano destra benedicente e con il Vangelo in quella sinistra.
Nella cornice più in basso si legge:
“Io sono la luce del mondo, chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Giovanni 8, 12).
Alla base della cupola un fregio in legno reca uniscrizione in caratteri cufici, dipinti in bianco su fondo turchino, il cui testo, eccezionale esempio di convivenza e dialogo tra culture diverse, comprende un inno della liturgia bizantina (il sanctus con Osanna e Gloria ) tradotto in arabo, la lingua madre di Giorgio dAntiochia.
Negli otto lati del tamburo sono raffigurati altrettanti profeti e nelle nicchie angolari i quattro evangelisti.
Nella seconda metà del XVII secolo l’abside principale venne eliminata e fu innalzato l’attuale presbiterio successivamente decorato con marmi mischi ed affreschi. Notevole il bel tabernacolo in lapislazzuli. La tela sull’altare maggiore raffigurante l’ascensione è di Vincenzo da Pavia mentre l’affresco della cupola è di Antonio Grano.
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