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La Chiesa dellAnnunziata in Caccamo, maestosa nel suo volume, ricca nei suoi tesori, agile nelle sue linee architettoniche, offre al visitatore immancabili suggestioni, mette le ali al pensiero e allimmaginazione. Sorta dalla necessità di meglio corrispondere alle attese spirituali dei cittadini, essa ha determinato, attorno a sé, la crescita dellagglomerato urbano connessa allesercizio della sua funzione-guida, svolta a favore del riscatto sociale della popolazione di allora. La Chiesa dellAnnunziata è stata e rimane, per i contemporanei, luogo di preghiera, momento di sollievo, testimonianza di fede e amore verso Dio, interpretazione autentica della volontà del fondatore Sacerdote Antonio Lo Faso dei Baroni di Leone e Condiverno e dei Duchi di Serradifalco.
Delle origini della chiesa parrocchiale dedicata alla SS. Annunziata si sono occupati vari storici. Le notizie più antiche circa una chiesa dedicata alla SS. Annunziata sono riportate, senza alcun riferimento documentale, nellannuario Diocesano pubblicato nel 1956 dalla Curia Arcivescovile di Palermo.
Secondo questa tesi, le prime notizie risalirebbero al 1200, ma questa ipotesi rimane alquanto incerta. Agostino Inveges così riferisce: Il terzo quartiero di Caccamo ha nome terra nova quivi è la bella Chiesa della Santissima Nunziata, la cui fondazione, ancorché sia oscura, pure di lei si ha contezza circa lanno 1430, negli atti del notaio Lorenzo de Scolaribus, essendo in quel tempo Signore di Caccamo li Cabreri ; alla stessa data fa espresso riferimento il cappuccino P. Pietro da S. Biagio Platani. La lettera apostolica di Papa Paolo II, del 30 gennaio 1467, riguardante una controversia sorta tra domenicani e francescani, conferma lesistenza della Chiesa Santa Maria Annunziata. Il primo impianto, a prestar fede alla data incisa nellabside, si fa risalire al 1531, ma lipotesi non è suffragata da altri riscontri documentali. Le prime fonti certe si fanno risalire al 1643, quando la contessa Donna Luisa de Sandoval, moglie del Signore di Caccamo, diede in concessione alla Chiesa il terreno circostante affinché si ampliasse. Divenne parrocchia filiale della Chiesa Madre nel 1555 e nel 1884 fu eretta in parrocchia autonoma, con decreto dellarcivescovo di Palermo Michelangelo Celesìa.
A tuttoggi non è dato conoscere il nome dellarchitetto progettista. La facciata del tempio, piuttosto disadorna a confronto con lo sfarzo dellinterno, è una sintesi di stili diversi, con prevalenza di motivi ornamentali barocchi. Lesene in pietra, suddivise in due ordini sovrapposti, scandiscono linsieme: la parte superiore è rimasta incompleta ed appare frettolosamente definita; la zona inferiore è dotata di migliore coordinazione per la presenza di eleganti portali affiancati da colonne monolitiche corinzie che, a loro volta, sono sormontate da sobri frontoni decorativi spezzati nella parte centrale per dar posto a vari stemmi in pietra. Fanno da corona due torri campanarie simmetriche: quella di sinistra, più antica, è stata ricavata da una torre avanzata del Castello; la torre di destra, ove sono collocati un orologio e il campanone di S. Giuseppe, fu costruita nel 1653 per dare maggiore armonia estetica allinsieme. La scalinata di accesso al sagrato, che un tempo dava slancio al complesso architettonico esaltandone la plastica armonia, è stata interrata nel 1926 ed al suo posto fu realizzata una piazza di dubbio gusto estetico sotto la direzione dellingegnere palermitano Carlo Columba. Questa innovazione non ha certamente contribuito ad esaltare la plasticità dellinsieme ed oggi, per chi giunge dalla piazza S. Marco, il prospetto rimane parzialmente nascosto e la facciata appare ancor più appiattita.
Linterno è a croce latina. Dodici colonne monolitiche, ricavate da blocchi di pietra locale estratti da una cava vicina (pirrera), dividono le tre navate. La cupola ottagonale fu costruita nel 1762 dallarchitetto palermitano Giovanni del Frago. Nella prima cappella di destra, adibita a battistero, si trova il fonte battesimale in pietra datato 1562, che porta scolpito lo stemma dei signori Henriquez-Cabrera.
Delle origini della chiesa parrocchiale dedicata alla SS. Annunziata si sono occupati vari storici. Le notizie più antiche circa una chiesa dedicata alla SS. Annunziata sono riportate, senza alcun riferimento documentale, nellannuario Diocesano pubblicato nel 1956 dalla Curia Arcivescovile di Palermo.
Secondo questa tesi, le prime notizie risalirebbero al 1200, ma questa ipotesi rimane alquanto incerta. Agostino Inveges così riferisce: Il terzo quartiero di Caccamo ha nome terra nova quivi è la bella Chiesa della Santissima Nunziata, la cui fondazione, ancorché sia oscura, pure di lei si ha contezza circa lanno 1430, negli atti del notaio Lorenzo de Scolaribus, essendo in quel tempo Signore di Caccamo li Cabreri ; alla stessa data fa espresso riferimento il cappuccino P. Pietro da S. Biagio Platani. La lettera apostolica di Papa Paolo II, del 30 gennaio 1467, riguardante una controversia sorta tra domenicani e francescani, conferma lesistenza della Chiesa Santa Maria Annunziata. Il primo impianto, a prestar fede alla data incisa nellabside, si fa risalire al 1531, ma lipotesi non è suffragata da altri riscontri documentali. Le prime fonti certe si fanno risalire al 1643, quando la contessa Donna Luisa de Sandoval, moglie del Signore di Caccamo, diede in concessione alla Chiesa il terreno circostante affinché si ampliasse. Divenne parrocchia filiale della Chiesa Madre nel 1555 e nel 1884 fu eretta in parrocchia autonoma, con decreto dellarcivescovo di Palermo Michelangelo Celesìa.
A tuttoggi non è dato conoscere il nome dellarchitetto progettista. La facciata del tempio, piuttosto disadorna a confronto con lo sfarzo dellinterno, è una sintesi di stili diversi, con prevalenza di motivi ornamentali barocchi. Lesene in pietra, suddivise in due ordini sovrapposti, scandiscono linsieme: la parte superiore è rimasta incompleta ed appare frettolosamente definita; la zona inferiore è dotata di migliore coordinazione per la presenza di eleganti portali affiancati da colonne monolitiche corinzie che, a loro volta, sono sormontate da sobri frontoni decorativi spezzati nella parte centrale per dar posto a vari stemmi in pietra. Fanno da corona due torri campanarie simmetriche: quella di sinistra, più antica, è stata ricavata da una torre avanzata del Castello; la torre di destra, ove sono collocati un orologio e il campanone di S. Giuseppe, fu costruita nel 1653 per dare maggiore armonia estetica allinsieme. La scalinata di accesso al sagrato, che un tempo dava slancio al complesso architettonico esaltandone la plastica armonia, è stata interrata nel 1926 ed al suo posto fu realizzata una piazza di dubbio gusto estetico sotto la direzione dellingegnere palermitano Carlo Columba. Questa innovazione non ha certamente contribuito ad esaltare la plasticità dellinsieme ed oggi, per chi giunge dalla piazza S. Marco, il prospetto rimane parzialmente nascosto e la facciata appare ancor più appiattita.
Linterno è a croce latina. Dodici colonne monolitiche, ricavate da blocchi di pietra locale estratti da una cava vicina (pirrera), dividono le tre navate. La cupola ottagonale fu costruita nel 1762 dallarchitetto palermitano Giovanni del Frago. Nella prima cappella di destra, adibita a battistero, si trova il fonte battesimale in pietra datato 1562, che porta scolpito lo stemma dei signori Henriquez-Cabrera.
Sullaltare della cappella successiva è sistemata la statua in legno dorato di San Marco, opera di ignoto autore del XV secolo, il cui manto è decorato con oro zecchino. Labside della navata destra è dotato di un altare marmoreo del XVII secolo, con statue della Madonna e dellArcangelo Gabriele di autore ignoto (sec. XV). Laltare dellabside maggiore è decorato con applicazioni di legno dorato (sec. XIX) ed è sormontato da una grande tela di Guglielmo Borremans raffigurante lAnnunciazione di Maria (1725). La pala daltare di Borremans è del 1725 e fu commissionata dalla Compagnia della SS. Annunziata al pittore di Anversa, approdato in Sicilia dopo una lunga permanenza prima a Napoli e poi in Calabria. Vi si notano elementi di gusto barocco nellimpostazione dinsieme, quali i putti che circondano lArcangelo Gabriele nellatto di porgere alla Vergine il simbolico giglio. Non mancano tuttavia elementi di diffuso classicismo.
Di suggestivo effetto laccentuato contrasto tra la sinuosità delle figure e la rigidità, quasi geometrica, dellinginocchiatoio e dello sgabello ai piedi della Vergine. Particolare attenzione meritano gli stucchi del transetto e del presbiterio, tutti di scuola serpottiana che diede impulso, nel XVIII secolo, ad una straordinaria fioritura dellarte dello stucco, arricchendo parecchi edifici di culto di Palermo e dei centri vicini. Gli stucchi della cappella di S. Giuseppe, nel braccio destro, sono attribuiti a Procopio Serpotta, figlio del grande Giacomo: statue, putti, medaglioni, festoni e motivi floreali si alternano ad elementi architettonici, formando un insieme di gradevole equilibrio. Pur aderendo ad un marcato realismo, le statue raffiguranti la Charitas e la Virginitas, allegoricamente rappresentate da due leggiadre figure femminili, sono modellate con profonda sensibilità di vaga ispirazione neoclassica. Gli stucchi della cappella dedicata al Crocefisso, nel braccio sinistro, sono attribuibili a Bartolomeo Sanseverino, della stessa scuola. Si tratta di unampia veduta architettonica meno ricca di decorazioni rispetto alla cappella di S. Giuseppe. Le statue, raffiguranti la Misericordia e la Giustizia, perdono il loro protagonismo rispetto allintero complesso e assumono il ruolo di complemento scenografico. Della stessa scuola, gli stucchi dellabside maggiore eseguiti certamente da Bartolomeo Sanseverino (1756): raffigurano la SS. Trinità nella gloria degli Angeli. Le statue dei Santi Pietro e Paolo ai lati del presbiterio e quelle degli evangelisti addossate ai quattro pilastri della cupola sono dello stesso Sanseverino. Nelle cappelle laterali si conservano interessanti e numerosi dipinti ed opere scultoree: si segnalano La Visitazione, del pittore caccamese Giovanni Bonomo (sec. XVIII), le statue lignee di S. Giuseppe e del Bambino (1640), di S. Marco (sec. XVI) e quella di S. Nicasio rivestita da una lamina di argento e rame lavorata a sbalzo e a cesello (sec. XVII). Una particolare attenzione merita la cappella di Santa Rosalia. La tela, incastonata in una stupenda macchina daltare in marmi mischi recuperata da altra chiesa, è riferibile allarchitetto e pittore Vincenzo La Barbera (1624) e raffigura Santa Rosalia pellegrina. Indossa veste e calzari da monaca durante il suo viaggio verso le montagne di Quisquina e poi verso Palermo, in quel tempo infestata dalla peste. Gli angeli che laccompagnano recano uno il giglio e laltro un cesto di rose. Un serto di rose adorna pure il suo capo. La Santa reca in una mano la Croce e nellaltra il Rosario. Non manca un piccolo teschio per sottolineare che per avvicinarsi a Cristo è necessario distaccarsi dalle cose terrene. Nella parte superiore è rappresentata la Vergine sorretta da due putti alati. Sullo sfondo una piccola torre in cima ad una collina rappresenta simbolicamente lincrollabile fede della Santa ed è perfettamente sovrapponibile alla turris eburnea dipinta dallo stesso artista nella tela dellImmacolata della Chiesa di S. Benedetto alla Badia. Un quadro ovale olio su tela, di anonimo pittore siciliano, raffigura Santa Lucia secondo liconografia tradizionale e sinserisce nel filone della produzione pittorica isolana del secolo XVIII che si diffuse a Caccamo grazie alla presenza di noti pittori quali Vito DAnna e Giuseppe Testa. Unaltra tela che rappresenta il martirio di Santa Vittoria, è attribuita al tardo-manierista Francesco Quaresima o Quaraisima (1625), del quale si leggono le iniziali e la cui presenza a Caccamo è documentata da altri dipinti coevi. In corrispondenza dellingresso di sinistra è stato murato un bassorilievo marmoreo del XV secolo, proveniente con certezza da altra Chiesa, individuabile con probabilità in un cenobio basiliano. Riproduce la figura di un monaco.
Di suggestivo effetto laccentuato contrasto tra la sinuosità delle figure e la rigidità, quasi geometrica, dellinginocchiatoio e dello sgabello ai piedi della Vergine. Particolare attenzione meritano gli stucchi del transetto e del presbiterio, tutti di scuola serpottiana che diede impulso, nel XVIII secolo, ad una straordinaria fioritura dellarte dello stucco, arricchendo parecchi edifici di culto di Palermo e dei centri vicini. Gli stucchi della cappella di S. Giuseppe, nel braccio destro, sono attribuiti a Procopio Serpotta, figlio del grande Giacomo: statue, putti, medaglioni, festoni e motivi floreali si alternano ad elementi architettonici, formando un insieme di gradevole equilibrio. Pur aderendo ad un marcato realismo, le statue raffiguranti la Charitas e la Virginitas, allegoricamente rappresentate da due leggiadre figure femminili, sono modellate con profonda sensibilità di vaga ispirazione neoclassica. Gli stucchi della cappella dedicata al Crocefisso, nel braccio sinistro, sono attribuibili a Bartolomeo Sanseverino, della stessa scuola. Si tratta di unampia veduta architettonica meno ricca di decorazioni rispetto alla cappella di S. Giuseppe. Le statue, raffiguranti la Misericordia e la Giustizia, perdono il loro protagonismo rispetto allintero complesso e assumono il ruolo di complemento scenografico. Della stessa scuola, gli stucchi dellabside maggiore eseguiti certamente da Bartolomeo Sanseverino (1756): raffigurano la SS. Trinità nella gloria degli Angeli. Le statue dei Santi Pietro e Paolo ai lati del presbiterio e quelle degli evangelisti addossate ai quattro pilastri della cupola sono dello stesso Sanseverino. Nelle cappelle laterali si conservano interessanti e numerosi dipinti ed opere scultoree: si segnalano La Visitazione, del pittore caccamese Giovanni Bonomo (sec. XVIII), le statue lignee di S. Giuseppe e del Bambino (1640), di S. Marco (sec. XVI) e quella di S. Nicasio rivestita da una lamina di argento e rame lavorata a sbalzo e a cesello (sec. XVII). Una particolare attenzione merita la cappella di Santa Rosalia. La tela, incastonata in una stupenda macchina daltare in marmi mischi recuperata da altra chiesa, è riferibile allarchitetto e pittore Vincenzo La Barbera (1624) e raffigura Santa Rosalia pellegrina. Indossa veste e calzari da monaca durante il suo viaggio verso le montagne di Quisquina e poi verso Palermo, in quel tempo infestata dalla peste. Gli angeli che laccompagnano recano uno il giglio e laltro un cesto di rose. Un serto di rose adorna pure il suo capo. La Santa reca in una mano la Croce e nellaltra il Rosario. Non manca un piccolo teschio per sottolineare che per avvicinarsi a Cristo è necessario distaccarsi dalle cose terrene. Nella parte superiore è rappresentata la Vergine sorretta da due putti alati. Sullo sfondo una piccola torre in cima ad una collina rappresenta simbolicamente lincrollabile fede della Santa ed è perfettamente sovrapponibile alla turris eburnea dipinta dallo stesso artista nella tela dellImmacolata della Chiesa di S. Benedetto alla Badia. Un quadro ovale olio su tela, di anonimo pittore siciliano, raffigura Santa Lucia secondo liconografia tradizionale e sinserisce nel filone della produzione pittorica isolana del secolo XVIII che si diffuse a Caccamo grazie alla presenza di noti pittori quali Vito DAnna e Giuseppe Testa. Unaltra tela che rappresenta il martirio di Santa Vittoria, è attribuita al tardo-manierista Francesco Quaresima o Quaraisima (1625), del quale si leggono le iniziali e la cui presenza a Caccamo è documentata da altri dipinti coevi. In corrispondenza dellingresso di sinistra è stato murato un bassorilievo marmoreo del XV secolo, proveniente con certezza da altra Chiesa, individuabile con probabilità in un cenobio basiliano. Riproduce la figura di un monaco.
Si tratterebbe secondo alcuni di S. Antonio Abate, ma ciò risulterebbe quanto mai strano dato che esiste una Chiesa dedicata al Santo ove limmagine avrebbe potuto più facilmente trovarsi. Adornano la Chiesa diverse altre opere darte, alcune delle quali sono meritevoli di particolare citazione: due quadri che raffigurano i quattro evangelisti di ignoto pittore siciliano del XVIII, i due quadri di Luigi Rizzo, pittore caccamese, collocati nellaltare della Visitazione, e i quattordici pannelli della via Crucis dello stesso autore. Annesso alla Chiesa ed attiguo alla Sagrestia si trova lOratorio della Compagnia dellAnnunziata, una confraternita laicale che contribuì alla costruzione del tempio ed alla diffusione del culto della Madonna. Fu costruito nel secolo XIX dallarchitetto Luigi Speranza. Gli stucchi e le colonne furono eseguiti da Tommaso Sanseverino nel 1812. Vi si conserva una tela raffigurante San Girolamo da Stridone in atteggiamento penitenziale, di ignoto autore fiammingo.
Il tempio è stato arricchito anche da opere di artisti contemporanei; del termitano Filippo Sgarlata sono i quattro grandi medaglioni in gesso ai lati del presbiterio che trattano temi dellinfanzia di Gesù: la Natività, lAdorazione dei Magi, la Fuga in Egitto, Gesù che discute con i dottori della legge (1952/1954). Lautore, che ha realizzato una delle porte della Cattedrale di Palermo, si rivela artista di elevata ispirazione e di grande raffinatezza stilistica; dello stesso autore è il bassorilievo tondo, raffigurante un angelo, posto al disotto della cantoria in fondo alla Chiesa. La cupola e le volte del transetto sono state affrescate nel 1952 da Gianbecchina ( Giovanni Becchina ). Lartista diede inizio agli affreschi cominciando dal coro e di seguito realizzò quelli della cupola e del transetto. Nella cupola è raffigurata la Gloria dei Santi e nelle vele le quattro virtù cardinali. Le pitture, eseguite con notevole abilità tecnica, presentano un prevalente orientamento verso i colori pastello.
Il tempio è stato arricchito anche da opere di artisti contemporanei; del termitano Filippo Sgarlata sono i quattro grandi medaglioni in gesso ai lati del presbiterio che trattano temi dellinfanzia di Gesù: la Natività, lAdorazione dei Magi, la Fuga in Egitto, Gesù che discute con i dottori della legge (1952/1954). Lautore, che ha realizzato una delle porte della Cattedrale di Palermo, si rivela artista di elevata ispirazione e di grande raffinatezza stilistica; dello stesso autore è il bassorilievo tondo, raffigurante un angelo, posto al disotto della cantoria in fondo alla Chiesa. La cupola e le volte del transetto sono state affrescate nel 1952 da Gianbecchina ( Giovanni Becchina ). Lartista diede inizio agli affreschi cominciando dal coro e di seguito realizzò quelli della cupola e del transetto. Nella cupola è raffigurata la Gloria dei Santi e nelle vele le quattro virtù cardinali. Le pitture, eseguite con notevole abilità tecnica, presentano un prevalente orientamento verso i colori pastello.
La Chiesa dellAnnunziata custodisce anche pregevoli arredi sacri e opere di oreficeria e di argenteria. Oltre ai vari calici in argento e rame dorato, lostensorio in argento sbalzato e cesellato, la pisside in argento dorato, meritano particolare citazione alcune pianete in seta bianca, ricamata con fili doro e fili di seta policromi del XVIII secolo. Sono opera di maestri siciliani dal gusto particolarmente raffinato e manifestano il determinante influsso dellarte tardo barocca e del gusto rococò nelle decorazioni ornamentali.
Il reliquario del busto di SantOliva, in argento e rame, è opera di argentiere palermitano e si rifà a modelli scultorei dello stesso periodo e ripropone il motivo quattrocentesco della cuffia che racchiude la chioma femminile, particolare molto diffuso in Sicilia, che induce a ritenere lopera legata alle correnti artistiche peninsulari.
Il reliquario del busto di SantOliva, in argento e rame, è opera di argentiere palermitano e si rifà a modelli scultorei dello stesso periodo e ripropone il motivo quattrocentesco della cuffia che racchiude la chioma femminile, particolare molto diffuso in Sicilia, che induce a ritenere lopera legata alle correnti artistiche peninsulari.
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